Alla fine dello scorso ottobre si è diffusa sulla stampa e nel web una notizia che ha destato la curiosità di molti: in un incontro con alcuni studenti, il Dalai Lama ha dichiarato che il concetto di reincarnazione, su cui si basa il sistema religioso-politico tibetano, è un retaggio del passato feudale e deve essere rimesso in discussione. Questa affermazione colpisce di sicuro l’immaginario occidentale, da lungo tempo affascinato dal buddhismo tibetano (anche se si tratta di una seduzione non più alla moda come un tempo, quando il buddhista più famoso di Hollywood, Richard Gere, era all’apice dello star system), e i più accorti tra i commentatori notano che la mossa dottrinale ha, nel profondo, un significato politico: la Cina ha dichiarato di voler scegliere il prossimo Dalai Lama, e l’anziano Tenzin Gyatso ha provato a delegittimare l’istituzione prima che i cinesi si intromettano. L’intero episodio, sia nel suo significato religioso che nel sottotesto politico, ci ricorda però una volta di più come le credenze dei popoli e delle comunità siano ancora oggi un forte veicolo di riconoscimento, un racconto che serve a definire la posizione dei gruppi umani nel mondo, nel cosmo e nel tempo. Questo è valido più che mai nel nostro presente, in cui le religioni (per lo più nel loro aspetto conflittuale) sono tornate a essere protagoniste sul palcoscenico della storia. Se con il collasso dell’Unione Sovietica, alla «fine della storia» (secondo la celebre definizione di Francis Fukuyama), l’unica religione sopravvissuta doveva essere quella del benessere materiale, trent’anni dopo ci accorgiamo che le fedi sono tornate a occupare un importante spazio politico.
È quanto ci ricorda Neil MacGregor nel suo ultimo libro, Vivere con gli dèi (Adelphi, trad. di Francesco Francis, pp. 591, 234 ill., € 49,00), terza tappa di una particolare impresa inaugurata con La storia del mondo in 100 oggetti (’15) e Il mondo inquieto di Shakespeare (’17, entrambi sempre da Adelphi): il tentativo di raccontare la storia, la letteratura e adesso la religione attraverso gli oggetti e le immagini, in larga parte prelevati dal patrimonio del British Museum, che MacGregor conosce come pochi altri perché lo ha diretto dal 2002 al 2015. È da sottolineare come quest’opera sia il frutto di un virtuoso circuito mediale, perché nasce – come già le altre – da una serie radiofonica della BBC, e mostra come la divulgazione di alto livello resti uno dei compiti più nobili e ardui per un intellettuale. Soprattutto se questi si vuole tenere distante dai modi omologati dell’odierno storytelling banalizzante, quanto dalle aberrazioni della «storia antiquaria», già denunciate da Nietzsche nella seconda delle Considerazioni inattuali. Entrambi gli obiettivi sono raggiunti da MacGregor, che non rinuncia alla complessità e all’erudizione, e che allo stesso tempo mostra il vivo pulsare degli argomenti che tratta, il loro significato decisivo per ciascuno di noi.
Vivere con gli dèi non è la descrizione di uno stadio «superstizioso» del genere umano, di epoche lontane e fiabesche, ma è vivere con gli dèi oggi, capire come la nostra esistenza quotidiana e i modelli di convivenza in cui siamo collocati siano permeati di religione. Dai nomi dei giorni della settimana, organizzati in base alle latitudini secondo il pantheon nordico (con la sola ospitalità concessa al dio Saturno, a cui è dedicato il sabato anglosassone, Saturday) o secondo quello romano/ebraico/cristiano, al denaro che teniamo in tasca o in banca, che ancora prende il nome dall’appellativo (Moneta) della dea Giunone, nel cui tempio in Campidoglio, nell’antica Roma, erano conservate le unità-campione dei pesi e delle misure. Monete che ancora oggi, per un gesto irriflesso, finiscono in fondo alle acque di pozzi e fontane, riecheggiando una modalità di tributo agli dèi che raggiunse la sua forma più raffinata presso i muisca delle Ande colombiane: queste popolazioni creavano pezzi di oreficeria di straordinaria bellezza solo per consegnarli alle acque del lago Guatavita, destando sconcerto negli europei, i quali non capivano come questi indigeni potessero ignorare il valore monetario dell’oro e si davano quindi da fare per appropriarsi delle offerte finite in fondo al lago. (MacGregor fa notare come, ancora oggi, la fontana di Trevi raccolga ogni giorno migliaia di euro).
Questi semplici aneddoti non devono far pensare che il volume di MacGregor sia un lungo elenco di notizie curiose su aspetti più o meno noti delle religioni del mondo. Al contrario, ci portano più vicini al nucleo tematico del libro, che l’autore esprime attraverso una citazione di Joan Didion: «Ci raccontiamo delle storie per riuscire a vivere», e le religioni sono quanto più profondamente testimonia il bisogno umano di narrazioni «che diano un ordine ai nostri ricordi e alle nostre speranze, e forma e significato alle nostre vite individuali e collettive». E questo bisogno è all’origine di opere architettoniche che destano stupore e ammirazione come, ad esempio, la tomba di Newgrange (Irlanda), costruita più di cinquemila anni fa, o il monumento di Göbekli Tepe (Turchia), iniziato tra gli undici e i dodicimila anni fa. Emblemi di come quegli sforzi, così slegati dalla sopravvivenza quotidiana, fossero nondimeno di eccezionale importanza per i nostri antichi progenitori, che attraverso di essi davano corpo all’idea di società che stavano costruendo.
Le storie della religione «sono, in un certo senso, la società», scrive MacGregor. Ma se siamo ben consapevoli, e lo è anche l’autore di Vivere con gli dèi, che il ritorno del religioso comporta il rischio di rivendicazioni violente e identitarie, è bene in aggiunta ricordare che le narrazioni religiose possono unire, consolare e fortificare. Una delle immagini che rimarranno scolpite nella mente alla chiusura del libro (per chi già non la ricordi) è quella di Barack Obama che canta con commozione l’antico inno Amazing Grace ai funerali del reverendo afroamericano Clementa C. Pinckney, ucciso da un suprematista bianco. Ma subito dopo saremo punti dall’amarezza, considerando quanta acqua è passata sotto i ponti, e non solo in America, da quel giorno del 2015 a oggi.