Mercoledì scorso il parlamento di Skopje si è disciolto, aprendo definitivamente la strada per le annunciate elezioni anticipate, previste per il prossimo 5 giugno. L’atto finale di questa legislatura, però, lascia il paese ancora più spaccato. L’opposizione socialdemocratica (Sdsm), guidata da Zoran Zaev e assente dall’aula, ha infatti annunciato che non parteciperà alle prossime consultazioni politiche.

“I principi di una consultazione democratica – sanciti dagli accordi di Pržino – non sono stati rispettati, e il leader della Vmro Nikola Gruevski non ha mantenuto la parola data”, ha dichiarato Zaev. “Ecco perché i socialdemocratici non parteciperanno a queste elezioni farsa”. Poco prima della dissoluzione del parlamento, anche i due ministri (Interni e Lavoro) e i tre viceministri del Sdsm, parte del governo di transizione incaricato di portare la Macedonia al voto hanno presentato le proprie dimissioni.

Due le questioni irrisolte che, secondo Zaev, rendono impossibile elezioni davvero imparziali. Da una parte c’è il sistema mediatico e dell’informazione, che sarebbe del tutto sbilanciato a favore della maggioranza al governo. Dall’altra l’operazione di verifica delle liste elettorali – dove risulterebbero decine di migliaia di nominativi fasulli o imprecisi – che non è stata portata a termine.

L’ex premier Gruevski per il momento non ha commentato la decisione dell’opposizione. Il leader della Vmro però ha più volte accusato Zaev di tentare con ogni mezzo di evitare il giudizio degli elettori, perché teme una nuova sconfitta.

L’annunciato boicottaggio, che arriva al termine di un lunghissimo processo di negoziato politico, facilitato dall’Unione europea, lascia la Macedonia nell’incertezza. Le elezioni, già rimandate (erano inizialmente state fissate per il 24 aprile) rischiano quindi di spaccare il paese ancora più radicalmente.

Nel frattempo, la Procura speciale creata per indagare le accuse di spionaggio illecito ai danni di migliaia di cittadini da parte del governo, scandalo alla base del conflitto che spacca il paese da inizio 2015, ha presentato i risultati di un nuovo filone di indagini.

Secondo la Procura, l’ex ministro degli Interni Gordana Jankulovska (Vmro) e quattro alti ufficiali dei servizi segreti macedoni avrebbero distrutto le apparecchiature con cui sono state effettuate le intercettazioni, nel tentativo di cancellare le tracce degli abusi. Un mandato di arresto è già stato emesso, anche se per il momento non ai danni della Jankulovska.

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