Macao decide di «scandalizzare» a Milano e propone di acquistare pubblicamente l’Ex Macello, lo spazio dove ha trovato casa nel giugno 2012. Il collettivo ha osservato i movimenti di So.Ge.Mi, la società partecipata dal comune e proprietaria dello stabile. La società deve incassare il più possibile, «spacchettare» le sue proprietà e vendere. La palazzina che ospita Macao rischia di andare a bando ed essere venduta. Per questo Macao ha giocato in contropiede, cercando di non restare prigioniero di uno sterile dibattito sgombero/non sgombero. «Al comune avanziamo pubblicamente la richiesta di aprire un tavolo che discuta le modalità di questa acquisizione – hanno scritto gli attivisti in una lettera pubblica – Alla città, a tutte e tutti noi, lanciamo questa sfida, costi quel che costi: rivoltare il diritto».

A inizio marzo gli attivisti hanno ospitato un workshop per approfondire la proposta dell’acquisto della palazzina. L’idea è presentare un’offerta collettiva, trasformando Macao in una proprietà comune destinata a restare un bene per la cittadinanza gestito attraverso l’autogoverno e la partecipazione. Gli attivisti chiedono alla giunta Sala di riprendere i lavori su una delibera creata da un tavolo partecipato e dalla giunta precedente dopo un lavoro di due anni. Non è mai stata discussa in consiglio comunale. Il testo riconosce la gestione degli spazi abbandonati alle comunità che si auto-organizzano dal basso e costituisce una delle eredità del movimento dei beni comuni e dei lavoratori dell’arte e dello spettacolo. Delibere simili sono state approvate a Napoli e hanno regolarizzato sette spazi.

Dopo aver dichiarato a febbraio che Macao non corre rischi, la giunta è rimasta in silenzio. Le uniche parole sono arrivate in un’intervista su Radio Popolare a Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica: «So.Ge.Mi ha il mandato di sistemare la zona e stiamo aspettando la sua proposta per decidere come procedere». Risposta elusiva come sono state elusive le risposte sul ruolo che il comune può avere per imporre a So.Ge.Mi un prezzo di vendita calmierato e il riconoscimento del valore sociale e culturale dell’esperienza di Macao. L’assessore si è detto disponibile a un incontro, ma ancora non ci sono stati contatti. «Abbiamo ragione di credere che ci metteranno davanti al fatto compiuto di essere esclusi dall’acquisto – dicono gli attivisti – senza che il comune abbia fatto nulla per giocare un ruolo di accompagnamento e regia. Nel frattempo la società proprietaria dell’ex macello rifiuta di risponderci sullo stato dell’arte della vendita».

Le necessità di cassa di So.Ge.Mi. e i silenzi del comune hanno già determinato la fine dell’esperienza Market Sound. Dopo due estati di grandi concerti in un’area dell’Ortomercato milanese, la corsa all’incasso di So.Ge.Mi ha portato a chiedere a Punk For Business (la società che ha animato Market Sound) un affitto circa 6 volte più alto rispetto all’anno scorso. Un costo insostenibile per gli organizzatori.

L’appello di Macao sta riscuotendo interesse. «In due giorni di chiamata pubblica sono arrivate più di mille richieste per diventare soci – spiega Emanuele Braga – Sono numerosi gli endorsement di personaggi pubblici e istituzioni culturali. Il comune deve scegliere: confermare l’edificio in una nuova istituzione d’arte voluta da artisti e cittadini, già modello e laboratorio per tante esperienze in Europa, o fare finta di nulla e metterla sul mercato della speculazione immobiliare».
Il collettivo dà appuntamento a lunedì 24 per un’assemblea pubblica all’Arco della Pace. L’obiettivo è costituire una «coalizione di cittadini, lavoratori culturali e artisti nella forma dell’associazione che porterà ad acquistare Macao».