Lo hanno chiamato «Requiem per la Sinistra Neoliberale» e come ai funerali si sono rivisti parenti o amici che non si vedevano da un po’. Macao ha portato davanti al Comune di Milano i suoi attivisti e soprattutto quell’umanità varia che transita dallo spazio di viale Molise 68. Giovani, artisti, precari, progressisti d’animo, cani sciolti che non sempre affollano le piazze politiche.

Hanno inscenato il funerale di questa sinistra neoliberale con tanto di bara, fumogeni e musica noise, qualcosa di un po’ diverso dalle classiche piazze politiche o di movimento. Sul possibile sgombero di Macao rischia di aprirsi una crepa in un pezzetto di città, contribuendo a incrinare la narrazione del «modello Milano». «Che fallimento per la sinistra se sgomberano pure Macao», la frase ricorrente tra le persone davanti a Palazzo Marino.

Gli attivisti danno una risposta politica a questo smarrimento depressivo: «Uno dei pochi governi di sinistra rimasti in Italia sta svilendo il laboratorio di innovazione sul diritto alla città e alla felicità che abbiamo portato avanti negli ultimi anni con la svendita di questo patrimonio e proponendo un paternale e provinciale bisogno di aggregazione dei giovani», spiegano gli attivisti di Macao.

Vedono in municipalità come Napoli, Barcellona e su alcuni ambiti persino Londra degli esempi virtuosi che raccontano un rapporto diverso tra cittadini e governo della città. «O che almeno ci provano».

Visione, idee, innovazione coraggio. «Abbiamo dialogato con la giunta Pisapia e anche con Sala – raccontano – ma ci sentiamo presi in giro». Dopo l’occupazione e lo sgombero della Torre Galfa nel 2012 e l’occupazione della palazzina Liberty dove tuttora ha casa, Macao aveva contribuito a scrivere una delibera per l’uso civico degli spazi. Una delibera sostenuta da alcuni consiglieri di maggioranza ma mai votata dal consiglio comunale.

Più recentemente da Macao è arrivata la proposta di acquisire lo spazio di viale Molise sottraendolo al mercato immobiliare tramite un’associazione tedesca, ma anche questa opzione, dopo un’iniziale interesse dell’amministrazione, è finita nel cestino.

O meglio, ad agosto l’assessore al bilancio Roberto Tasca ha fatto votare in giunta l’inserimento delle palazzine Liberty, tra cui quella di Macao, in un fondo immobiliare del Comune. Valore dell’operazione 22 milioni che l’amministrazione vuole mettere a valore. Le palazzine però devono essere vuote per essere vendibili.

«Sgombero soft, dialogheremo con un importante realtà come Macao», aveva detto l’assessore Tasca. Ora però nella maggioranza si è aperta una discussione, la delibera si è fermata negli uffici della commissione bilancio e non è ancora arrivata in consiglio comunale. Ieri in piazza si sono visti anche i consiglieri comunali di Milano Progressista e qualcuno del Pd.

La discussione si è aperta anche nei settori creativi della città vicini al mondo dell’innovazione oltre che delle occupazioni politiche. Solidarietà a Macao è arrivata da diverse associazioni e da alcuni locali come Santeria che ieri ha annunciato su Facebook la partecipazione al presidio.

Non era scontato, spesso strumentalmente viene sollevato il tema della concorrenza sleale spazi occupati-locali. Bertram Niessen sulla rivista di innovazione culturale Che Fare scrive che se Milano vuole provare a essere una città di rilievo internazionale non può permettersi il lusso di privarsi di un luogo come Macao. «Tocca rimboccarsi le maniche e pensare a un percorso comune».