Nel giorno in cui i nuovi contagi da coronavirus calano sotto quota 16 mila (con 327 mila tamponi) ma i decessi in 24 ore sono ancora 429, non è facile giustificare la roadmap di Draghi che prevede riaperture graduali a partire dal 26 aprile, il ritorno delle zone gialle e il via libera, almeno parziale, agli spostamenti tra le regioni.

È vero che i dati mostrano un lento miglioramento, con un indice Rt nazionale a 0,85 e un’incidenza di 180 casi per centomila abitanti in 7 giorni, appena sotto i 185 di sette giorni fa. La flessione sposta in zona arancione la Campania, mentre Puglia, Sardegna e Valle d’Aosta rimangono le uniche regioni in rosso. Presto, ma probabilmente dopo il decreto sulle zone gialle, verrà rimosso anche il divieto assoluto agli spostamenti verso le regioni con le maggiori restrizioni. Il governo sta infatti valutando come rendere possibili i viaggi su tutto il territorio nazionale per chi sia stato vaccinato, o sia guarito o si sia sottoposto a un tampone (negativo) nelle 48 ore precedenti allo spostamento. Draghi ha parlato di un “pass” sul modello europeo, che permetterà anche l’accesso a eventi culturali e sportivi. Le regioni hanno già dato il loro via libera.

TUTTAVIA, IL CLIMA di ritorno alla normalità stride con quanto si osserva negli ospedali, dove il picco di occupazione dei reparti è stato raggiunto solo in questi giorni. Per tornare alla normalità ci vorrà tempo. Secondo il report settimanale della cabina di regia, sono al di sopra delle soglie critiche di occupazione sia i reparti ordinari (occupati per il 41% dai pazienti Covid) che le terapie intensive (39%). Significa che ci sono troppo pochi letti a disposizione per curare tutte le altre patologie, facendo pagare il prezzo salato della pandemia anche a chi non ha il Covid. Sebbene il numero di letti occupati cali da ormai dieci giorni, in rianimazione ci sono ancora 3.366 malati, appena il 20% meno dei picchi di saturazione toccati durante il 2020.

Per dare un’idea, l’uscita dal lockdown del 2020 fu deciso quando i pazienti ricoverati erano la metà di quelli attuali. Negli ultimi giorni si sono moltiplicati gli appelli dei medici ospedalieri a non affrettare le riaperture, perché i reparti sono ancora sotto pressione. «Quello che dicono i colleghi delle terapie intensive bisogna ascoltarlo. C’è una congestione delle terapie intensive, quindi bisogna essere molto cauti» ammette Gianni Rezza, epidemiologo e direttore generale della prevenzione al ministero della Salute e membro del Cts. «L’incidenza è molto elevata: siamo al di sopra della soglia di sicurezza di 50 nuovi casi per centomila abitanti in 7 giorni, e questo evidenzia la necessità di vaccinare tanto e in tempi brevi, altrimenti non si esce dalla tensione tra la necessità di contenere il virus e quella di dare fiato all’economia».

SECONDO GLI ESPERTI, però, i primi effetti delle vaccinazioni iniziano a vedersi: le fasce di età in cui l’incidenza del virus cala più vistosamente sono quelle più avanzate e diminuisce la percentuale di anziani tra i malati. L’età media dei nuovi casi positivi è scesa a 45 anni, mentre chi si ricovera ha mediamente 67 anni di età. La discesa dell’età media conseguente alle vaccinazioni cambia le carte in tavola: se si ammalano persone più giovani, diminuisce la percentuale degli asintomatici e questo rischia di abbassare artificialmente l’indice Rt, calcolato solo sui pazienti sintomatici. Per questo l’Iss sta valutando di misurare l’indicatore più importante per il monitoraggio del virus sulla base del numero di persone ricoverate (e non solo di quelle contagiate), più affidabile per analizzare la fase epidemiologica. È uno degli indicatori che verranno introdotti per monitorare la nuova fase dell’epidemia. «Abbiamo bisogno anche di sistemi di allerta precoce» aggiunge Rezza. «La variante inglese viaggia del 50% più velocemente delle altre. E forse non ha senso nemmeno chiamarla variante, perché ha ormai sostituito gli altri ceppi su tutto il territorio».

I TECNICI PERÒ non si opporranno al percorso disegnato dal governo. «La discesa dell’indice Rt al di sotto di 1 ci regala un “tesoretto” da spendere, un margine di sicurezza che può essere sfruttato in primis per riaprire le scuole – spiega il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro – pur sapendo che nessuna apertura è a rischio zero». L’impressione però è che la scelta di anticipare la riapertura di scuole, ristoranti e attività sportive non sia stata concordata del tutto con i tecnici e sia dettata soprattutto dalle pressioni di Salvini sul premier: «Il Cts si è espresso su delle misure di apertura in alcuni settori, entrando nei principi generale e non nei dettagli» ammette Brusaferro «ma non vedo una contrapposizione: ognuno fa il suo ruolo». (an. cap.)