A cento anni dall’Ottobre 1917 non dovrebbe mancare alla competizione politica del 2018 una lista espressamente ispirata alla rivoluzione bolscevica, sebbene nella sua declinazione «permanente» di matrice trozkista. Sarà – raccolta di firme permettendo, s’intende – quella di «Sinistra rivoluzionaria», cartello nato dall’unione di Pcl (Partito comunista dei lavoratori) e Scr (Sinistra classe e rivoluzione, già area della rivista Falcemartello). Al quale è stata regalata l’esclusiva di recuperare dal deposito oggetti smarriti la parola «sinistra» e l’unica falcemartello della scheda elettorale (ma questo non è detto, mai mettere limiti alla provvidenza rossa).

L’ha presentata a Roma il filosofo e portavoce del Pcl Marco Ferrando, autore di un ponderoso volume (352 pagine) intitolato «Cento anni. Storia e attualità della rivoluzione comunista» (ed. Redstarpress).

L’intenzione è lanciare «una lista rivoluzionaria, classista, internazionalista», quindi antisovranista, «contrapposta alle forze dominanti (Pd, centrodestra, M5S) e a chi si è compromesso sino a ieri col Pd, come Mdp».

E ancora: «Una lista alternativa a ogni forma di civismo progressista o di populismo “democratico” comunque mascherato». Contro ogni riformismo incluso quello attribuito al premier greco Tsipras, prova provata – per i nostri – «che il riformismo si subordina agli interessi delle classi dominanti». E contro «l’illusione di “sovranità popolare” sancita dalle costituzioni borghesi che maschera la sovranità dei capitalisti».

Un vasto programma. Corredato di nazionalizzazioni, espropri senza indennizzo delle multinazionali ma anche più commestibili cancellazione delle leggi sul lavoro, dalla Treu al jobs act. E completato da un’analisi severa dei fratelli e cugini dello stesso ceppo originario della (originaria) rifondazione comunista: «Mai anticapitalisti, al massimo antiliberisti».