L’hanno visto ieri mattina, i deputati della commissione Giustizia, l’emendamento del ministro Cancellieri che propone di estendere la detenzione domiciliare per i reati puniti fino a un massimo di 6 anni, anziché 4 come era nel testo che stanno discutendo dal 18 marzo scorso, quello che delega il governo a legiferare in materia di pene detentive non carcerarie e sulla messa alla prova.

E proprio oggi anche Sel depositerà alla Camera un progetto di legge per modificare il testo unico sulle droghe rendendo fattispecie autonoma il reato di «lieve entità» – come nelle leggi di iniziativa popolare presentate da Antigone e Fuoriluogo – in modo da poter evitare il carcere a coloro che incorrono nella violazione della relativa norma. Si tratta del temuto comma 5 dell’articolo 73 che attualmente contribuisce al sovraffollamento portando in cella anche se per pochi giorni un numero non indifferente di persone, spesso tossicodipendenti. Primo firmatario della proposta è Daniele Farina, l’esponente del Leoncavallo che di nuovo siede per Sel in commissione Giustizia della Camera (nel 2006 ne era vicepresidente) e che, ricorda Wikipedia, nel 2007 «venne inserito da Beppe Grillo nella lista del vaffaday». «Da tre settimane aspettiamo che i grillini decidano se vogliono firmare o no il nostro progetto di legge», racconta. «Ma figuriamoci! In commissione, i 5 Stelle e la Lega vogliono addirittura restringere l’ambito di applicazione della detenzione domiciliare scendendo, al contrario di quanto propone il governo, da 4 a 3 anni di pena. Così si rende inutile il provvedimento».

Onorevole Farina, avete visto anche il testo del decreto che la Guardasigilli Cancellieri ha annunciato per domani in Consiglio dei ministri e che servirebbe a far uscire subito 3500-4000 detenuti?

No, ne abbiamo sentito parlare però dalla ministra che è venuta finora in commissione un paio di volte. L’emendamento invece lo abbiamo discusso stamattina (ieri, ndr): è abbastanza interessante e innovativo perché innalza da 4 a 6 anni la pena edittale massima a cui si applica il meccanismo già sperimentato nella giustizia minorile, cioè l’applicazione della pena detentiva non carceraria e la messa alla prova che per la prima volta viene estesa anche agli adulti. Ma attenzione perché la delega contiene anche la facoltà del governo a procedere a una serie di esclusioni. Quindi a quali tipi di reati effettivamente verrà applicata, è tutto da vedere. Si parla di escludere lo stalking ma in realtà non sarà facile identificare le fattispecie a cui applicarla perché il concetto di allarme sociale è vario e estremamente volubile.

Le sembra un provvedimento sufficiente?

Assolutamente no. Si può e si deve fare molto altro, soprattutto una profonda modifica della legge Fini Giovanardi, il vero core business del problema carceri. L’Europa ci ha dato un anno di tempo, bisogna fare molto in fretta.

Con l’innalzamento a 6 anni non vengono intercettati anche i reati previsti dalla Fini-Giovanardi?

No. Se non – credo – il comma 5 dell’articolo 73, quello che delinea i relativi reati di «lieve entità». Con l’attuale legge chi ha violato quella norma può ottenere una pena alternativa al carcere ma solo in un secondo momento, su disposizione del magistrato. Ecco perché nel nostro progetto di legge proponiamo di cancellare il comma 5 e di renderlo fattispecie autonoma con una sanzione più bassa. E prevediamo inoltre la completa non punibilità della coltivazione di marijuana per uso personale e la piccola cessione associata.

Quale sarà l’iter della proposta di legge Ferranti, quella che state discutendo emendata appunto dal governo?

Contiamo di concludere la discussione in commissione in sede referente martedì. Poi si va in Aula la settimana successiva.

Indulto e amnistia?

Sono sempre d’accordo con i provvedimenti clemenziali ma con l’avvertenza che le cose vanno modificate a regime. Mi sembra però difficile che si riesca a convincere una maggioranza come quella di oggi. Ho vissuto l’esperienza del 2006, con il tiro al bersaglio da parte di minoranze attive che si chiamavano Di Pietro e Comunisti italiani: figuriamoci oggi con i 5 stelle.