«Larghe intese con Berlusconi? Non è l’obiettivo del Pd e di Renzi». Matteo Richetti, portavoce della mozione dell’ex segretario che nel primo giorno del week end raccoglie gloria e voti fra i suoi, smentisce l’intenzione del partito di dare vita a nuove larghe intese. Ma in un’intervista alla Stampa nella foga negazionista lascia scivolare un dettaglio fatale. Che contraddice tutto il discorso. «Lavoreremo per una legge elettorale che ci dia un vincitore, o il Mattarellum o l’Italicum esteso al Senato. Vogliamo costruire un nuovo centrosinistra in grado di vincere da solo». Ma è chiaro che quella di acciuffare il 40 per cento al primo turno e con esso il premio di maggioranza ormai è una vaga chimera.

IN PRATICA IL RENZIANO ’SVELA’ il segreto di pulcinella del minuetto sulla legge elettorale. Il Pd, almeno per ora, mantiene il Mattarellum come proposta di bandiera, ma sa che i numeri in parlamento non ci sono, per sua fortuna. Improvvidamente anche i parlamentari di Art.1, sempre più propensi al proporzionale, si sono ritirati da quel fronte. Quindi offre a Forza Italia, ma anche a M5S, un’aggiustatina dell’Italicum al Senato: oltre all’introduzione del voto di genere e all’armonizzazione delle soglie – per il Pd utile a sfoltire gli scranni dai partitini – il core business della proposta è: i capilista bloccati, miracolosamente resistiti al vaglio della Consulta, resteranno. Del resto sono la chiave per consegnare al nuovo segretario dem (quello vecchio, Renzi) un esercito di parlamentari in prevalenza scelti, Cencelli alla mano, fra le correnti che lo appoggiano.

LE PAROLE DI RICHETTI, anticipate giorni fa da quelle del vice di Renzi Maurizio Martina al Quotidiano nazionale, dunque non sono una voce dal sen fuggita ma un messaggio alle altre due principali forze politiche. Con buona pace della «fine del parlamento dei nominati», e cioè di uno dei cavalli di battaglia del voto del 2013 di Pd e 5 stelle. I grillini negano l’intenzione di accordarsi con il Pd e di votare una legge così fatta, ma i forzisti lo faranno, «meglio se a voto segreto per evitarci accuse di inciuci», spiega un alto dirigente del Nazareno. Ieri dall’assemblea di Art.1 Massimo D’Alema ha annunciato la battaglia contro i capilista bloccati «come prioritaria». Gli ex bersaniani gli hanno fatto eco. Ma non hanno convinto gli sherpa del Nazareno: «Alla fine anche per loro sono indispensabili per evitare la guerra dei posti in lista», spiegano con malizia.

Le parole di Richetti innescano la reazione dell’area Orlando, la prima a smarcarsi dal Mattarellum ma contraria ai capilista bloccati. Sono una «provocazione irresponsabile nei confronti dei cittadini», attacca Vannino Chiti, ma «Richetti ha un merito: leggendolo appare in modo trasparente quale sia l’idea sulla legge elettorale dell’attuale maggioranza del Pd. Si mettono sullo stesso piano il Mattarellum e l’Italicum, da estendere anche al Senato, ma in realtà si sceglie quest’ultimo». Dunque le larghe intese negate sono la vera prospettiva dell’ex rottamatore: «Un’impostazione che metterebbe a rischio lo stesso futuro del Pd. Sarebbe obbligata la ricerca di una coalizione con la destra e probabilmente non ci sarebbero i numeri neanche per questa», secondo Chiti, «Sarà bene che il 30 aprile si abbia in mente che anche questa è la posta in gioco».

MA IL 30 APRILE SI AVVICINA a grandi passi e va a braccetto con la vittoria di Renzi ai gazebo. L’ex segretario spopola nei congressi di circolo. Ieri ha incassato una smagliante vittoria nel circolo Aurelio della capitale, tradizionale roccaforte della sinistra. Secondo i dati forniti dal suo comitato a ieri pomeriggio in tutta Italia avevano votato 91.084 militanti (un quarto degli iscritti) il 69,2 per cento dei quali per Renzi (63.021), il 26,2 per Orlando (23.875) e solo il 4,6 per Emiliano (4.188). Che nella giornata di oggi si gioca l’ultima chance per partecipare al voto del 30 aprile: deve arrivare al 5 per cento, o al 15 in almeno tre regioni.