C’è un uomo che vive in un cadente e sordido camper. Ha i capelli tinti con il lucido da scarpe, una panciera che ricorda il cilicio dei penitenti per appiattirgli il grosso ventre da bevitore, una dentiera da quattro soldi che lascia sguazzare in un liquido sporco e stagnante, preservativi formato «maxi» nei cassetti e conversa con un’iguana allevata dentro un disordinato terrario da cui si scorda di eliminare i mucchietti di feci. È rozzo, ignorante, sguaiato e volgare. Insomma un uomo che molti troverebbero a ragione orripilante. Tuttavia egli è un eroe, o meglio la sua parodia vivente, un eroe così spinto nelle regioni del disgusto da risultare comunque ammantato di una gloria punk tinta di verde vomito. Si tratta di Ash, sopravvissuto ad antichi orrori e conservatore distratto del diabolico Necronomicom, libro che apre le porte al male assoluto.

Eccole finalmente in Italia, programmate da Infinity, le granguignolesche puntate di Ash Vs Evil Dead, seguito seriale della trilogia horror di Sam Raimi conosciuta da noi come quella de La Casa. Dieci episodi da mezzora l’uno, il primo dei quali è diretto dallo stesso Raimi con un’altissima maestria nella pittura splatter e l’attenzione per una costruzione geometrica delle scene nelle quali il virtuosismo dei movimenti di macchina e il montaggio non sono mai superficie ma estetica ragionata, sentita e poeticamente calcolata. Oramai assuefatti all’anemia di un cinema horror contemporaneo quasi sempre innocuo, commerciale e cerebrale in maniera illusoria poiché in definitiva vuoto, non si può essere che nostalgici ricordando i fasti sanguinolenti degli anni ’80 e dei primi ’90 del secolo scorso. Sam Raimi riesce a ripristinare perdute emozioni della visione horror, ribadendo la grandezza sperimentale e la profondità di un cinema di genere sostituito o rimosso, più che perduto.

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Malgrado le altre puntate non siano dirette dal regista di Darkman e di Drag me to Hell (comunque produttore esecutivo) risultano tuttavia godibili grazie ad una mimesi stilistica con le opere dell’autore che permane nell’area di un amorevole omaggio e non risulta pedissequa. La serie in questione dimostra ancora una volta, dopo la sublime interpretazione di un vetusto Elvis Presley all’ospizio in Bubbahotep di Don Coscarelli, la bravura paragonabile a quella di un Jerry Lewis underground dell’attore Bruce Campbell, nel ruolo del protagonista Ash, in grado di bucare lo schermo con la forza tagliente della sua motosega. Sono trascorsi numerosi anni dagli eventi trascorsi nella catapecchia boschiva narrati nei lungometraggi e Ash vive una vita che sarebbe di uno squallore iperbolico non fosse egli piacevolmente, in maniera così idiota da essere geniale, adagiato in essa con tronfia e meschina soddisfazione. Lavora in un discount, balla da solo ascoltando vecchie canzoni, esce per sedurre donne sole, consuma frettolosi rapporti sessuali nei bagni dei bar, birra, canne e wrestling.

Ma il Male, quello assoluto e senza nessun compromesso che attende oltre le porte infernali del Necronomicon, torna inevitabilmente grazie all’epica sciocchezza del protagonista. Inizia così un viaggio «on the road» attraverso gli Stati uniti accompagnato da rock duro, catastrofi, sketch da risata incontenibile, rari momenti di tensione che affogano nella commedia diluiti con intenzione in un «gore» estremo e giocoso, memorie e luoghi del passato che edificano una continuità tra film e serie.

Vedremo anziane camperiste trasformate in streghe demoniache, cene di famiglia diventare stragi, adolescenti affettati da ventilatori, procioni fatti deflagrare per errore con una magnum, poliziotti impalati alle corna di teste di cervo decorative, droghe allucinogene generare introspezioni rivelatrici, mariuana fumata dalle canne di un fucile, paramilitari segmentati e maciullati. Sono rare le scene durante le quali i personaggi non siano interamente ricoperti dei più vari e policromatici liquidi ematici e se qualcuno potrebbe ritenere eccessivo questo orrore così sfrontato dovrebbe tuttavia considerare che è sostenuto da una comicità che non è così diversa da quella di Tom e Jerry, carnascialesca nei suoi eccessi.

Ash Vs Evil Dead non è certo una visione per bambini ma un trasgressivo «divertissement» per adulti che trascorre leggero, senza nessuna gravità ad appesantirlo sebbene contenga una lettura sull’America e gli americani, su un cinema di oggi e una televisione che fa della crudeltà, del sadismo e della violenza nelle sue storie uno spettacolo senza ironia e critica alcuna o il climax di un colpo di scena per sedurre un pubblico ossessionato dal «plot». Qui siamo alla poetica esasperata e divertita del succo di pomodoro a litri, non c’è il realismo compiaciuto della rappresentazione didascalica di stragi e omicidi.

Ash Vs Evil Dead è quindi una serie dall’inattualità grandiosa, obsoleta e rivoluzionaria, che ci delizia e inorridisce insieme riuscendo ad essere un’opera colta anche, e soprattutto, laddove è più becera. Senza scendere mai a compromessi con la moderazione, senza assecondare nessuna moda e sensibilità attuale, questa serie procede rombando metallara, al fragore della motosega, l’arma feticcio impugnata da quel magnifico mentecatto che è Ash, la sua ignobile ed efficace Excalibur nel massacrare le malvagie orde di demoni e non-morti.