«Due secoli l’un contro l’altro armato, sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato… ed arbitro s’assise in mezzo a lor» scriveva Manzoni. Versi che tornano alla mente, senza fare sacrilegio al poeta, riflettendo su quanto sta accadendo in casa dei Cinque stelle a Palermo, con l’arbitro Beppe Grillo sempre più inquieto. Ormai il «Grillo di Palermo» è ridoto a uno sfogatoio senza limiti, intriso di acredine con attivisti e parlamentari l’uno l’altro armati. Insomma, una caciara.

Mentre la Procura di Palermo prosegue nell’indagine sulle firme false, con 13 iscritti nel registro degli indagati, i protagonisti di questa vicenda se le stanno dando di santa ragione nella loro agorà: il web. Liti tra opposte fazioni, forum oscurati, banchetti finiti in rissa. Il delirio. A inasprire gli scontri c’hanno pensato i deputati indagati, quelli che negano che le firme siano false, che hanno scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere davanti ai pm e di farsi sospendere dai probiviri del M5s piuttosto che auto-sospendersi come aveva chiesto Grillo.

Per loro dietro alla decisione di Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, i parlamentari regionali, pure loro indagati, che hanno ammesso le firme false collaborando con i pm, ci sarebbe un complotto. Domenico Montalbano, legale del gruppo dei cosiddetti «monaci», ha presentato un esposto alla Procura e all’ordine degli avvocati di Palermo sostenendo che il grande manovratore sarebbe Ugo Forello, avvocato e tra i fondatori di «Addiopizzo», il movimento spontaneo che da anni si batte contro il racket delle estorsioni nel nome di Libero Grassi. Negli atti il legale chiede di accertare i rapporti tra Forello e il procuratore aggiunto Dino Petralia che si sta occupando delle indagini. Montalbano ha acquisito una mail inviata a un attivista con la quale Forello fornisce «la propria disponibilità a mediare, precisando d’aver incontrato il magistrato che indaga e che la propria disponibilità di fare da ponte-tramite con la Procura non ha nulla a che vedere con la mia professione di avvocato».

Nella mail Forello scriverebbe che «chi segue le indagini è persona che mi rispetta e mi stima». L’avvocato inoltre segnala che Claudia La «è difesa da un legale che lavora nello stesso studio di Forello, fondatore del comitato ‘Addiopizzo’ e oggi attivo per una candidatura con 5 stelle alle prossime comunali di Palermo». «Un clima ed un’atmosfera – sostengono i ‘monaci’ – che non appaiono consoni alla professione forense ma, soprattutto, che mostrano riferimenti e ammiccamenti debordanti».

Sul suo profilo Fb, La Rocca non ci sta a essere dipinta come una «pentita manovrata, quando di fatto ogni mia scelta è stata fatta in autonomia, lontana da ogni eventuale consiglio e dopo lunghe riflessioni, pensando di fare semplicemente la cosa giusta nei confronti della mia coscienza e per tutto ciò in cui credo». E sostiene di avere raccontato ai pm «solo ciò che effettivamente ricordavo con estrema onestà intellettuale, non una parola di più né una in meno. Le carte lo dimostreranno».

Intanto Grillo prova a smarcarsi dal «caso Palermo» spostando il tiro verso quanto sta accadendo a Siracusa: anche qui c’è un’inchiesta della Procura su presunte firme false, questa volta a essere nei guai sono due liste a sostegno dell’attuale sindaco Giancarlo Garozzo (Pd), uno dei riferimenti di Renzi in Sicilia. Sette le persone indagate. “Il Pd cosa ha fatto o cosa intende fare adesso davanti a questa nuova indagine giudiziaria che lo riguarda?», scrive Grillo nel suo blog. E rincara: «Dove sono adesso tutti quegli esponenti del Pd e quella stampa politica e filo governativa che per mesi hanno alimentato una campagna di linciaggio nei confronti del M5s?»