Il divorzio tra Movimento 5 Stelle e Rousseau adesso è ufficiale. Ieri Giuseppe Conte ha annunciato di aver trovato l’accordo con quella che solo fino a pochi mesi fa veniva descritto come il «sistema operativo del M5S» per la consegna dei database degli iscritti. «Entro fine mese», dice l’ex presidente del consiglio, si voterà prima per il nuovo statuto e poi, in virtù delle modifiche alle regole, per formalizzare la sua posizione di capo politico.

CONTE CERCA innanzitutto di rassicurare i suoi: «Ci sono delle trincee che il M5S non ha mai pensato di abbandonare: lotta alle disuguaglianze socio-economiche e alla precarietà; vicinanza ai bisogni dei giovani, delle famiglie e delle imprese; l’impegno per un futuro eco-sostenibile, per l’etica pubblica e per rafforzare la legalità contro tutte le mafie». Davide Casaleggio, dal canto suo, incassa una parte dei soldi che chiedeva ma annunciando il suo addio fa capire di essere stato costretto a mollare dalle circostanze (e dal Garante per la privacy): «Il percorso della partecipazione dal basso continuerà lungo la strada che abbiamo tracciato mantenendo l’integrità, la coerenza e la solidità morale che abbiamo sempre coltivato, nei mille modi in cui sarà possibile. Questo non è più il M5S e sono certo non lo avrebbe più riconosciuto nemmeno mio padre».

L’ANNUNCIO ARRIVA nel momento in cui le beghe legali interne erano state quasi soppiantate da una questione tutta politica: fino a che punto il Movimento 5 Stelle è disponibile ad andare in fondo e rompere con la maggioranza che sostiene il governo Draghi? Per avere la misura dei malumori bisogna andare prima in senato, dove erano più consistenti gli eletti grillini che fino all’ultimo hanno valutato la possibilità di non votare la fiducia all’ex presidente della Bce. Uno di questi era il piemontese Alberto Airola. )Draghi deve fare quello che decide il parlamento – dice adesso Airola – E deve ascoltare i ministri. Se continua a non farlo, come dissi nel mio discorso in cui annunciai la fiducia, noi molliamo il governo». Il senso del ragionamento è che Draghi debba caratterizzarsi, come avevano chiesto i 5 Stelle prima di decidere per la «fiducia vigile», presidente di un esecutivo politico. E che, dunque, debba tenere conto delle richieste della prima forza parlamentare della maggioranza. «Se il presidente del consiglio non si mette a disposizione del popolo – prosegue Airola – non lo appoggio più. Non comanda uno solo, esiste un sistema democratico: se ne faccia una ragione».

LA PROSSIMA SETTIMANA, da questo punto di vista, sarà decisiva: per giovedì sera è stata fissata una riunione congiunta dei gruppi parlamentari, alla presenza del capodelegazione 5 Stelle al governo Stefano Patuanelli. I punti all’ordine del giorno, le riforme e il Pnrr, suonano come la chiamata ad un dibattito che per forza di cosa riguarderà il termometro della fiducia nei confronti di Draghi. Guardano ai sommovimenti interni al Movimento 5 Stelle gli espulsi dell’ultima ondata, quelli che non votarono la fiducia a Draghi fin dall’inizio e che, in parte, hanno costituito il gruppo L’Alternativa C’è. I fuoriusciti provano a costituirsi in un soggetto politico che rivendica di essere coerente con la storia del M5S. La deputata Jessica Costanzo, tuttavia, sembra confidare poco nelle minacce a Draghi. Da qui ad agosto i toni si alzeranno ancora di più – prevede Costanzo – Ma la situazione mi pare abbastanza blindata. Tutto ruoterebbe attorno al semestre bianco: se i grillini dovessero capire che la legislatura finirà con l’elezione del nuovo presidente della repubblica, potrebbero decidere di togliere la fiducia. «Solo in quel caso – prosegue Costanzo – potrebbero uscire dalla maggioranza per presentarsi alle elezioni. Diversamente, si limiteranno ad alzare i toni guardandosi bene dal far cadere il governo. Mi pare difficile che vadano contro i loro ministri e sottosegretari».

SONO SCENARI che inevitabilmente si incroceranno con la gestione Conte e con la capacità del nuovo leader di trovare un compromesso tra i temi identitari e le mosse contingenti del nuovo M5S.