Cos’è cambiato da ieri mattina nel processo penale lo spiega con incontrollata franchezza il ministro Di Maio, naturalmente in diretta facebook: «Dal primo gennaio è entrata in vigore la legge che toglie di mezzo la prescrizione». È quello che tutti i critici della riforma introdotta quasi un anno fa dal governo M5S-Lega, ma rimasta sospesa fino a ieri, hanno sempre spiegato. I 5 Stelle hanno cancellato, «tolto di mezzo», l’istituto della prescrizione. Che adesso dopo la sentenza di primo grado non esisterà più e i reati si potranno perseguire a vita. Per tutti, non solo «se vieni condannato», come dice Di Maio, ma anche se vieni assolto in primo grado. La prescrizione non viene «sospesa», come pure recita testualmente l’articolo uno della legge anti corruzione, semplicemente perché non c’è un termine di conclusione della sospensione. Viene cancellata, «così come siamo stati abituati a conoscerla non esiste più», dice – in un’altra diretta facebook – il ministro della giustizia. Alfonso Bonafede non usa alcuna cautela nel maneggiare l’argomento che pure divide di netto la sua maggioranza: da una parte i 5 Stelle dall’altra Pd, Italia viva e Leu. «Io rispetto l’opinione di tutti», premette, e prontamente si smentisce: «Devo dire che sono molto orgoglioso». Orgoglioso di una riforma che per i suoi alleati è niente di meno che incostituzionale.

Con queste premesse, il primo appuntamento politico del nuovo anno si conferma molto difficile. Martedì 7 gennaio davanti al presidente del Consiglio torneranno a litigare Bonafede, il sottosegretario Giorgis che è un esponente del Pd e i rappresentanti dei partiti della maggioranza. Italia viva addirittura ha intenzione di non farsi vedere, considerando inutile un vertice a riforma della prescrizione già entrata in vigore. Vero è che, trattandosi di norma di diritto sostanziale, si applicherà solo ai reati commessi dal 1 gennaio, e dunque i suoi effetti pratici si vedranno tra qualche anno. Resta il fatto che una eventuale correzione lascerebbe in vigore, per tutto il tempo che servirà a farla diventare legge, il regime che da ieri si applica ai nuovi reati.

Portato a casa il risultato e consentito a tutti i social di marca grillina di rivendicare il successone, nelle intenzioni di Bonafede di prescrizione non bisognerebbe più parlare. Ma solamente mettersi «al lavoro compatti per la riduzione dei tempi del processo perché è giusto che tutti i cittadini abbiano diritto a un processo che abbia una durata breve e ragionevole». Più che giusto è un preciso obbligo costituzionale, per raggiungere il quale Bonafede si affida alla più volte annunciata riforma del processo penale. Nelle bozze che circolano da mesi, dal tempo del precedente governo, non si va oltre qualche accelerazione in tema di notifiche. Ecco allora che il dissenso tra i 5 Stelle e gli altri partiti di governo verte sulle conseguenze da prevedere nel caso questa durata «ragionevole» non dovesse essere garantita. Per i grillini prevale l’interesse dello stato: «Nessuna rinuncia dello stato a una verità definitiva», hanno scritto ieri sul blog. Per gli altri deve prevalere il diritto dell’imputato che non può essere sottoposto all’«ergastolo processuale», a un procedimento cioè potenzialmente eterno.

Con molto ottimismo, il Pd tiene aperta una via d’uscita per Bonafede: «Non chiediamo abiure», ripete il responsabile giustizia Verini. I dem offrono un loro disegno di legge che dà un senso alla «sospensione» della prescrizione: congelata per un temine massimo di due anni e mezzo tra il processo di primo grado e l’appello e di un altro anno tra l’appello e la Cassazione. Avendo una proposta agli atti, il Pd troverà più semplice non votare il disegno di legge di Forza Italia che invece cancella semplicemente la riforma Bonafede (e così riporta in vita quella dell’ex guardasigilli Pd Orlando). Ma dal giorno successivo al vertice, l’8 gennaio, il testo di Forza Italia si farà strada in commissione alla camera; i renziani si dicono pronti a votarlo e allora il Pd dovrà bere fino in fondo l’amaro calice, votando contro e schierandosi in difesa della riforma Bonafede. Altrimenti il governo andrà sotto.