Non basta lo spostamento d’autorità al dopo referendum del voto sulla mozione di sfiducia contro il governo. Non basta neppure lo scagionamento della ex ministra dello Sviluppo economico Federica Guidi, diventata dopo l’interrogatorio di Potenza «parte offesa». Le nuvole non si diradano, perché, particolare dopo particolare, emerge un quadro politico, non penale, desolante e soprattutto agli antipodi dell’innovazione vantata da Matteo Renzi. Così il governo e il Pd perdono i nervi, degenerando in sceneggiate propagandistiche ridicole. Come l’invito rivolto ai parlamentari del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio e Carlo Sibilia perché rinuncino all’immunità parlamentare per affrontare le querele del Pd contro le «incredibili e squallide accuse». L’ultima querela è di ieri, proprio contro Sibilia, reo di aver paragonato i ministri coinvolti a camorristi.

L’M5S in realtà non concede requie. Sente di aver azzannato la preda e martella, a volte colpendo nel segno, altre volte a sproposito. Ieri i capigruppo Michele Dell’Orco e Nunzia Catalfo e lo stesso Sibilia hanno chiesto al presidente Mattarella di bloccare il voto sulle riforme costituzionali alla Camera, in calendario la settimana prossima, almeno fino a che non si saranno discusse le mozioni di sfiducia al governo: «Trivellopoli può avere conseguenze più gravi di tangentopoli. E’ assurdo che un governo appeso a un filo faccia votare la riforma». Propaganda pura e argomentazione campata per aria, esattamente come la querela contro Sibilia e le giustificazioni offerte da Matteo Renzi: «In Italia per troppo tempo si è dato ascolto a processi celebrati nei talk show, così i colpevoli la sfangano e le opere si fermano. Io voglio bloccare i ladri non le opere». Anche peggio il vice segretario Pd Lorenzo Guerini: «Rifiutiamo l’invito a scendere nel fango».
Il problema è che il fango sale di suo. La storiaccia dei dossier contro Delrio a scopo di ricatto resta tanto oscura quanto torbida, ma anche quella delle nomine dei commissari portuali non è precisamente trasparente. Il ministro afferma di aver prorogato tutti i commissari automaticamente, in attesa della riforma dei porti, e tra questi anche il commissario del Porto di Augusta Alberto Cozzo, sponsorizzato dal compagno dell’allora ministra Guidi, Gianluca Gemelli. Però l’ex presidente del porto di Ravenna, Galliano Di Marco, lo smentisce: «Io non sono stato confermato». I registri del Senato confermano che Gemelli era al Senato in una delle giornate chiave dell’impiccio Tempa Rossa, il 27 novembre 2014, con la ministra Boschi in commissione Affari costituzionali. Però, rassicurano i funzionari di palazzo Madama, non era mica presente ai lavori della commissione. E ci mancava pure…

In questa situazione la nomina del successore della Guidi al ministero dello Sviluppo rischia forte di diventare un calvario. Renzi ha in mente il sottosegretario Claudio De Vincenti, cioè proprio l’esponente del governo chiamato in causa dalla stessa Guidi nelle intercettazioni come pedina di una delle «cricche» in campo e che i magistrati di Potenza potrebbero convocare la settimana prossima. Ma prudenza suggerisce di aspettare il referendum e le mozioni di sfiducia prima di azzardare una simile mossa.