«Lo siento, me he dormido», mi dispiace, mi sono addormentato. L’autista sessantatrerenne pare ripetesse questa frase come un disco rotto – racconta il quotidiano spagnolo La Razòn – alle prime squadre di soccorso arrivate poco dopo l’alba sul luogo dell’incidente di Freginals, sull’autostrada tra Valencia e Barcellona, dove l’autobus granturismo che guidava si è ribaltato andando a sbattere sulla corsia opposta contro un’auto che procedeva in senso contrario. Tredici morti e 34 feriti, un paio gravi.

Ieri, quando la polizia speciale di Barcellona – los Morros d’Esquadra – lo ha convocato per una deposizione, si è sentito male. Un attacco d’ansia, complice la forte compressione del torace ricevuta nell’impatto, tanto che il giudice per le indagini preliminari (è indagato per imprudenza) ha dovuto rinviare il suo interrogatorio.

Diciassette anni di guida senza una macchia, nessuna traccia di droghe o alcol trovata nelle analisi del suo sangue. Un colpo di sonno pochi minuti prima delle sei – questa la presumibile ricostruzione – quando il pullman ha sbattuto sul guard-rail a destra, risvegliatosi in un sussulto, l’autista ha dato «un volantazo», un colpo di volante in senso opposto, l’autobus ha sbattuto sul guard-rail opposto, ed è scivolato oltre andando a impattare contro una vettura grigia che non è riuscita a evitarlo.

Dopo circa un quarto d’ora dal ribaltamento con scontro frontale, prima del ponte sull’Ebro, il penultimo della colonna di cinque pullman che stava riaccompagnando a Barcellona circa 300 studenti in gita alla fiesta di Las fallas di Valencia, si è accorto che il collega che chiudeva la fila stava tardando troppo e ha dato l’allarme.

È una tragedia quasi tutta italiana, quella successa domenica mattina sull’autostrada Ap7 a Freginals, in Catalogna: sette delle 13 vittime sono studentesse italiane (Francesca Bonello, Elisa Valent, Valentina Gallo, Elena Maestrini, Lucrezia Borghi, Serena Saracino, Elisa Scarascia Mugnozz), così come italiani sono i due feriti gravi, la torinese Annalisa Riba che dovrà sottoporsi a un intervento alla colonna e un ragazzo ancora a rischio vita. La Spagna è una mèta molto frequentata dalla cosiddetta generazione Erasmus (9mila studenti universitari italiani l’hanno scelta l’anno scorso) e in generale dai ventenni italiani.

Il primo ministro Matteo Renzi è atterrato ieri all’aeroporto Prat per andare a confortare le famiglie delle giovani vittime nel centro a loro adibito nel castello di Tortosa, accompagnato dal presidente catalano Carles Puigdemont che ha decretato due giorni di lutto in tutta la Catalogna.

È uno strazio a cui non è possibile attribuire un capro espiatorio, per le famiglie che aspettavano il ritorno dei figli per le festività di Pasqua e dovranno invece celebrare i loro funerali. I mezzi erano Mercedes quasi nuovi, solo da tre anni su strada, quello incidentato era in regola, aveva cioè passato tutti i controlli. Trattandosi di una gita low cost, i giovani per risparmiare soldi e tempo avrebbero dormito nel viaggio di ritorno. Non erano coperti da alcuna assicurazione ma avevano firmato una liberatoria in caso di incidenti.

Sul quotidiano el Pais e poi sui media italiani hanno avuto eco le parole pronunciate quasi senza fiato con gli occhi gonfi di pianto dal padre di Serena Saracino, torinese, 23 anni da compiere tra qualche giorno: «Un bellissimo paese come questo avrebbe dovuto garantire a questi ragazzi un viaggio in tutta sicurezza. Guidare nella pioggia, alle quattro di notte, quando si è stanchi, non è sicurezza».