Il sociologo Pietro Piro, originario di Termini Imerese (Palermo), vive da qualche anno a Bologna dove lavora in diversi ambiti della socialità, avendo modo di collegare la riflessione teorica con la pratica quotidiana. Nel suo volume Perdere il lavoro, smarrire il senso. Esperienze educative e altri saggi di sociologia critica (Mimesis, pp. 186, euro 18) raccoglie uno spettro assai ampio di temi che lo appassionano. Il sottotitolo contiene l’aggettivo «critica» riferito al termine «sociologia»: fare tanto ricerca che riflessione avendo come oggetto la società è un compito da espletare con un approccio critico. Mettere tra parentesi le credenze e le abitudini per isolarle e comprenderle è parte integrante di questa modalità di conoscenza, aliena da pregiudizi e aperta sia dal punto di vista metodologico che teorico (anche politico).

LE CINQUE PARTI in cui sono suddivisi i ventidue interventi sono rispettivamente dedicati a: «Lavoro», «Società», «Don Lorenzo Milani», «Ivan Illich», «Su Termini Imerese». Il lavoro si fa specchio in cui si proietta la figura multipla di Piro. Interessato alle questioni relative la sfera produttiva; al mondo in cui viviamo come modello in profonda crisi (economica, sociale, culturale, religiosa); a due figure anticonformiste dell’educazione e della religiosità come gli autori, rispettivamente, di Lettera a una professoressa e Descolarizzare la società; innamorato della sua terra e della cittadina del Palermitano in cui è nato e vissuto prima degli studi universitari.

IL SENSO DEL LAVORARE si è pienamente smarrito, fra il relativo tramonto del modello cooperativo (che per fortuna comunque resiste, aprendosi a nuove chiavi di lettura), la precarietà, speculazioni e neoschiavismo. Il tanto decantain realtà una giungla in cui la libertà è quella del più spudorato arricchimento sulla pelle altrui.

IN REALTÀ, ne è convinto Piro e bene fa a ricordarlo, «lavoriamo per la dignità, per non sprofondare nella miseria, per non perdere il diritto di partecipare attivamente alla vita sociale ed economica». «Uno strumento di convivialità responsabile» viene giustamente definito il volume di Domenico De Masi precedente all’attuale ponderoso studio sul lavoro ieri e oggi. Prova che Piro riesce molto bene ad aprirsi a riflessioni di studiosi provenienti da aree politiche lontane (i 5Stelle per De Masi).

LA RADICE RELIGIOSA, la passione per figure come quelle di Danilo Dolci, padre Ernesto Balducci – oltre ai citati Illich e Milani – ripropone la necessità di riprendere le linee guida di una Chiesa come comunità di base, ecclesialità dei poveri, spiritualità degli ultimi. In tal senso immaginiamo che un simbolo come papa Francesco I non sia lontano dallo spirito di Piro – pur se si sente più vicino alle religioni orientali.
I tre paragrafi del breve intervento su Ernesto Balducci rappresentano un filo che si mostra nella sua potente attualità: «La rivolta del gratuito», «Un nuovo posto nella società», «Oltre la provocazione».

L’ULTIMO SCRITTO ha il coraggio di farsi programmatico di un atteggiamento morale del tutto fuori tempo. La forza gentile è un manifesto di democrazia partecipativa i cui tratti possono sintetizzarsi in queste parole: «La gentilezza è riconoscimento dell’altro (…) gentilezza come vicinanza ai problemi concreti di chi ogni giorno vive e lotta per dare alla propria vita dignità e valore».