C’è il segreto di Stato, decretato dal governo Prodi nel 2008. C’è il coinvolgimento diretto nell’operazione top secret di domenica notte dei ministeri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente, degli Interni e della Difesa. Soprattutto c’è il governo statunitense, che secondo le recenti dichiarazioni del viceministro agli interni, Filippo Bubbico, «ha delineato il livello di segretezza dell’operazione e non ha gradito l’ammuina che si è scatenata in questi giorni in Basilicata». Ci sono le paure, i sospetti, le incongruenze, il rumore e la confusione tipici di tutti i misteri italiani. Difficile immaginare che non ci sia lo zampino di chi ha un’esperienza secolare e vittoriosa in Italia nel mantenere il segreto e nell’ingenerare confusione per far disperdere la verità in un’infinità di teorie e distrarre l’opinione pubblica, consegnandole in eredità solo domande e sospetti. C’è la Sogin che, martedì con un comunicato, parla del «concluso rimpatrio negli Usa» di non meglio specificati «materiali nucleari sensibili di origine americana» e c’è la subitanea, tranquillizzante e ampia diffusione, attraverso organi di stampa e social network, della notizia che il cargo segreto di domenica notte conteneva nello specifico le scorie nucleari americane che da 40 anni erano depositate nel centro della Trisaia di Rotondella. Quale sia la fonte che specifica nel dettaglio la natura precisa del materiale nucleare trasportato non si sa. Seguono le reazioni dei movimenti e di altri giornalisti che evidenziano le incongruenze del comunicato della Sogin, le interrogazioni parlamentari più o meno mirate a raggiungere la verità da parte di tutti i partiti politici e poi c’è la dichiarazione di Bubbico, apparsa giovedì su La Gazzetta del Mezzogiorno, che si scaglia contro l’«ammuina» causata da giornalisti, movimenti ambientalisti e cittadini: il viceministro sostiene che «l’ammuina (altrove la definisce la caciara) che si è scatenata in questi giorni in Basilicata potrebbe ritardare la riconsegna delle barre di Elk River». Dunque «il materiale nucleare sensibile» torna ad essere specificato come le barre di Elk River, ma non si capisce se il rimpatrio si è concluso martedì, come aveva dichiarato la Sogin, in ossequio agli impegni presi dall’Italia in occasione del Vertice sulla Sicurezza Nucleare di Seul (segreti anche questi). Non si capisce se ci troviamo in presenza di precisi accordi internazionali da rispettare o se il trasferimento non è ancora avvenuto.
Poi c’è anche la risposta di ieri del sottosegretario all’ambiente all’interrogazione del deputato del Pdl Cosimo Latronico, che parla del trasporto di «sostanze contenenti uranio arricchito e plutonio» e rassicura sulla non contaminazione dei paesi e delle città attraversate dal cargo segreto di domenica notte. Ci sono altre interrogazioni parlamentari che presumibilmente otterranno tutte risposte rassicuranti e belle notizie, ma c’è anche il confronto con un analogo trasporto nucleare verso gli Usa, nel novembre 2012 da Saluggia, partito alle 21,30 (non alle 3 di notte) e pianificato, in maniera non top secret, da prefettura ed enti locali. C’è chi pone l’accento sull’utilizzo del plutonio e dell’uranio arricchito per scopi non propriamente pacifici, chi lancia l’immaginazione in cospirazioni internazionali, chi teme contaminazioni nel centro Itrec, e c’è la solita piccolezza della politica che non perde occasione per sfruttare al meglio la visibilità offerta dal caso, alla vigilia della campagna elettorale (si vota a novembre in seguito agli scandali sui rimborsi che hanno coinvolto l’intero consiglio regionale), come dimostra la polemica scoppiata fra il presidente della Regione e il sindaco di Policoro per contendersi la direzione di un Tavolo della trasparenza fra associazioni e Sogin, affondato anni fa e tenuto congelato fino al trillo dell’allarme, nonostante i continui solleciti da parte delle associazioni ambientaliste.
Infine ci sono le donne e gli uomini, quelli che «fanno caciara», che abitano nelle città e nei paesi intorno al centro Itrec che, nel timore e nella confusione, continuano a non sapere a chi credere. C’è chi ha l’interesse vitale a sapere se ci sono stati incidenti o sversamenti durante l’operazione di carico del cask nucleare o durante altre operazioni durante lo scorso mese presso il centro Itrec di Rotondella e ha il diritto di non vivere nel dubbio, nel mistero, nella confusione. Anche il segreto di stato ha i suoi limiti costituzionali. C’è anche la Convenzione di Arhus. Dovrebbero esserci, anzi ci sono, dei parlamentari e dei senatori lucani (e non solo) che potrebbero, anzi dovrebbero, fugare ogni dubbio e tranquillizzare veramente e definitivamente i cittadini. Basterebbe che, oltre a fare interrogazioni parlamentari o tavoli della trasparenza su una questione su cui vigono misteri e segreti di Stato, pretendessero di visionare dall’interno il centro Itrec, accompagnati da qualche fisico esperto in materia di conservazione di nucleare e da qualche giornalista credibile e indipendente.