Era l’uomo-chiave del ’tortellino magico’, definizione-sfottò di Maria Teresa Meli sul Corriere della sera che però diceva molto del bersanismo, quel cerchio stretto – «troppo stretto», si mormorava al Nazareno – degli amici-compagni di una vita, gli unici di cui Pier Luigi si fidava davvero, un triangolo rosso di esse sorde: il segretario, piacentino di Bettola, Maurizio Migliavacca, emiliano pure lui ma di Fiorenzuola d’Arda, Vasco Errani invece di Massa Lombarda, nella Romagna bella; cui spesso si univa Stefano Bonaccini, modenese, il primo emiliano a passare poi armi e bagagli con Renzi.

Uomo di poche dichiarazioni e instancabile lavorio, Errani è stato il braccio destro di Bersani, l’ufficiale di collegamento con Renzi dalle primarie vinte, quelle del 2012, fino alle elezioni perse, quelle del 2013. Oggi l’ex segretario, che pure di scottature dalla sua cerchia ne ha prese – basta ripensare al rovescio giudiziario di Filippo Penati, che gli aveva fatto da coordinatore per le primarie del 2009 – dice: «Chiunque conosca Errani non può dubitare della sua onestà. Una persona perbene e il miglior presidente che l’Emilia Romagna abbia avuto».

A pensarla così non è solo Bersani. Ieri il primo a chiedere a Errani di ritirare le dimissioni è stato Matteo Orfini, oggi presidente del partito, ieri giovane turco poco cordiale con il giro del «tortellino magico». Dopo di lui l’intera segreteria Pd si è unita alla richiesta, con parole inequivocabili: «Invitiamo Errani a riconsiderare le sue dimissioni. Proprio le parole con cui ha motivato la sua decisione dimostrano il suo senso dello stato e delle istituzioni. Tutto il Pd conferma la stima nei suoi confronti e nel lavoro svolto in questi anni al servizio dei cittadini e della regione». E anche il sottosegretario Graziano Delrio, che è quasi come dire a nome del presidente del consiglio. Poi l’appello dei sindaci di Bolgna, Virginio Merola, di Modena, Gian Carlo Muzzarelli, e di Reggio, Luca Vecchi. Poi l’appello di tutti i parlamentari eletti dall’Emilia Romagna. «Un processo costruito sul niente», spiega un renziano di rango a Montecitorio, niente a che vedere con il sindaco di Venezia Orsoni, che ha ammesso le responsabilità per accedere al patteggiamento della pena, e di cui il Pd aveva immediatamente chiesto le dimissioni. Infatti in serata Renzi telefona a Errani per esprimergli «vicinanza» nel rispetto «del lavoro della magistratura» e convinto che «l’onestà di Errani possa essere riconosciuta in Cassazione».

Stavolta è tutto diverso, sostengono tutti. Errani si dichiara innocente – così era stato dichiarato in primo grado – e pronto a ricorrere. Persino per il leghista Gianluca Pini, «garantista», le dimissioni «non sono opportune». Dal Pd è tutta una pioggia di «ripensaci» e solenni complimenti, da Gianni Cuperlo a Roberto Speranza; dal sindaco di Roma Ignazio Marino a quello di Torino e presidente dell’Anci Piero Fassino («Apprezzo il suo gesto ma mi unisco all’appello perché resti alla guida della sua Regione») al presidente del Lazio Nicola Zingaretti. A quello della Campania Vincenzo Caldoro, che però è del Pdl («uno straordinario amministratore, una persona corretta e leale»). E ammistratori, sindacati (Cgil e Cisl) e cooperative, neanche a dirlo, e la Confindustria emiliana. Gli unici a brindare sono i grillini. «Errani deve lasciare ogni incarico, incluso quello di Commissario per la ricostruzione post-terremoto. Subito alle urne», chiedono i parlamentari a 5 Stelle. Bacchettati però da quattro ex che chiedono rispetto per la scelta.

Lui, Errani, non ci ripenserà, giura chi lo conosce. E per nel Pd si apre ufficialmente la corsa per la successione. Per il 5 ottobre sono già state indette le primarie per il segretario regionale. Ora la partita si allarga. Il mandato di Errani scadeva in primavera, il suo terzo, contro il quale si erano battuti i radicali, per il rispetto di una legge del 2004 non recepita dall’Emilia Romagna e dalla Lombardia. Il totonomi avanza già da tempo: Stefano Bonaccini, segretario regionale uscente e responsabile Enti locali nella segreteria di Renzi; di Daniele Manca, sindaco di Imola, anche lui renziano recente; l’ex sindaco di Forlì, Roberto Balzani, renziano da sempre. E Matteo Richetti, deputato, che aveva spalancato le porte dell’Emilia a Renzi. È il candidatissimo «cambiare verso» alla regione, dopo 15 anni di «erranismo bersaniano».