Entra nella stanza Clint e subito c’è  come uno sbalzo di tensione. Blazer di lino e completo blu in tinta con quegli occhi color mare, camicia sbottonata al collo e mano in tasca, saluta con un cenno e un sorriso fra l’affabile e il riservato. Sono passati una manciata di giorni dal suo settantaquattresimo compleanno ma non perde un colpo: il suo Jersey Boys è uscito il mese scorso ma in questi giorni sta già montando un altro film, American Sniper, con Bradley Cooper e Sienna Miller,  basato sull’omonima  autobiografia di Chris Kyle, il cecchino più mortale dei Navy Seals in Iraq e Afganistan. Malgrado la tebella di marcia  che metterebbe in affanno alcuni registi con la metà dei suoi anni, emana tranquillità. Distinto, casual; prima di sedersi  sbircia dalla finestra  dell’albergo di Manhattan e, rivolto a nessuno in particolare,  osserva “fra un pò dovrebbe cominciare la parata del Puerto Rican Day”…..mentre si struscia l’inedito pizzo bianco. “Mr Eastwood non l’avevamo mai visto con la barba”.  “Non ci fate caso”, chiosa, “è un fatto ormonale”.  L’ironia calza bene questo Callaghan maturato, addolcito dall’età, un pò beffardo, che dietro quei modi all amano è anche il regista forse ancora più universalmente rispettato di Hollywood, con la fama di portare a casa i suoi film regolarmente in anticipo e sotto budget. Una rarità e un pezzo di storia vivente

 

Insomma non pensa a rallentare…

No so che dirle, per fortuna o abilità mi è stato concesso di lavorare a ciò che più amo fare, ecco tutto. Non so, mi sembra che con l’età uno apprezzi più la famiglia e gli amici che non quando sei giovane e tutto proteso in avanti e fissato sulla tua carriera e I tuoi obbiettivi. Ho avuto la fortuna di poter fare tutto quello per diversi anni. Allo stesso tempo ho avuto modo di incontrare Manoel De Oliveira che a più di cento anni lavora ancora e dirige film. Abbiamo parlato un pò e sono rimasto  impressionato di quanto sia ancora interessato alla vita e mi sono detto ‘beh, non male, è ancora interessato in cose nuove e a cent’anni riesce vivere al di fuori di se stesso, senza autocommiserazione’. Ecco a questo bisognerebbe aspirare secondo me.

Intanto si dice di lei che continui a girare le sue scene in un solo ciak. Molti grandi registi – da Kubrick a Welles – invece erano famosi per ripetere le scene dozzine di volte.

Mah, non so, non credo che suggerissero a tutti di fare lo stesso. Orson un pò l’ho conosciuto – mi disse di essere un gran fan di Outlaw Josey Wales (Il Texano dagli Occhi di Ghiaccio) e anche che ammirava lo stile di registi come Howard Hawks che amava dirigere le riprese con gran decisione. Quindi se lui replicava molto forse non era sicuro della direzione del film e comunque era notoriamente un perfezionista – ognuno ha il proprio stile. La mia regola in realtà è niente regole, solo ciò che è giusto. Alcune scene richiedono più lavoro di altre e molto dipende dagli attori. La cosa principale è creare un atmosfera in cui poter lavorare confortevolmente  per favorire le performance, ecco tutto. Ai vecchi tempi c’era gente come William Wyler che girava molti ciak e altri come Hawks e Ford che invece erano molto economici perchè sapevano esattamente ciò che volevano. Erano stili diversi ma funzionavano entrambe.

A proposito di registi di riferimento lei ha avuto mentori in Sergio Leone e don Siegel… chi è stato più fondamentale?

Entrambi. In modi diversi. Quando l’ho incontrato Leone aveva diretto solo un film, era alle prime armi come anch’io – sperimentavamo assieme. Don Siegel  invece l’ho conosciuto quando lui era già un veterano, da lui ho imparato moltissimo. Ma in generale ho sempre cercato di imparare qualcosa di utile  ogni regista con cui ho lavorato.

Ha parlato anche di Frank Capra

Mi è sempre piaciuto Capra e ho avuto il piacere di conoscerlo quando stavo girando High Plains Drifter (Lo Straniero Senza Nome) su vicino a Mono Lake nel ‘72. Lui abitava in un paese vicino, June Lake e una sera mi sono imbattuto in lui. Era unapersoan straordinaria, pieno di vitalità e ricordo di aver pensato ‘come mai non fa più film?’. Per qualche ragione aveva deciso di smettere oppure il suo tempo era semplicemente passato. Mi è sempre dispiaciuto perché io coi suoi film ci sono cresciuto. Fu molto gentile, mi incoraggiò ad andare avanti.

Quello era ancora un western, di li a poco avrebbe cambiato registro, giusto?

 

Ho cominciato la mia carriera interpretando personaggi “fantasy”, parlo dei western, certo, ma anche di Dirty Harry (Callaghan, ndr.). L’ispettore era un gran personaggio, uno spasso da interpretare, ma non abbastanza da volerlo fare per tutta la vita. Come i film di Leone, è statao straordinario farne tre ma a un certo punto è stato il momento dii dire basta, dovevo tornare a Hollywood. Qui ho continuato a fare western ma ho cercato man mano di aggiungere degli elementi più introspettivi, così se guardate Josey Wales o Gli Spietati c’è il tentativo di addentrarsi un pò più a fondo nella condizione umana dei personaggi, non solo gli spunti  di maniera e “operatici” che quell genere offre. Uno va avanti per la sua strada, poi la gente dice : “è  cambiato!’. Certo che sono cambiato mica vorrai rimanere sempre lo  stesso. L’idea è di progredire nella propria vita, ampliare le proprie idee e la maniera di rappresentarle.

 

A proposito di cambiamenti, parliamo di Jersey Boys. Non è certo il primi suo film in cui la musica ha un ruolo di rilievo, ma è la prima volt ache adatta di un musical..

 

Vorrei poterle dire che c’è una ragione più originale o complessa ma la verità è che quando mi hanno proposto di dirigere il film non avevo ancora visto il musical. Ci sono andato tre volte e ho detto ‘certo, mi piacerebbe farlo’. La musica do Frankie Valli la conoscevo e mi piacevano quelle canzoni e era stato un successo a Broadway per nove anni e per sei a Londra. Mi è sembrato il progetto giusto.

Anche se tendenzialmente lei è più appassionato di jazz, mi sembra?

Mi piace tutta la musica. Anni fa ho girato Honky Tonk Man, su un cantante country ma se potessi mi piacerebbe fare anche un film sulla musica classica se avessi le storie giuste ho sempre invidiato Amadeus. Però è vero amo soprattuto il jazz. Il periodo di Jersey Boys non era gran che musicalmente anche se devo dire che “Can’t Take My Eyes Off You” è forse ciò che si avvicina forse di più ad un pezzo “classic” di quell’era, dei ‘50.  

Poi ci sono stati i ’60 e il grand fermento, lei come ha vissuto quel periodo?

Sa io sono un pò lento, negli anni ’60 c’era un sacco di roba che succedeva ma io non ho seguito molto. Quando tutti sperimentavano le droghe a me bastava la mia birra (ride). Ascoltavo Charlie Parker e Lester Young e in seguito mi sono avvicinato al country doe in ogni canzone si racconta una storia. Io sono crsciuto negli anni ’40 e ‘ 50 all’epoca dei grandi cantanti Sinatra, Nat King Cole, Billy Eckstine e le dive: Ella Fitzgerald, Sarah Vaughn, Peggy Lee; eravamo  abituati a grandi voci. Ad ogni modo per me furono anni fondamentali, lavoravo a Roma e a Londra e tutto mi sembrava possibile.

In jersey Boys si è messo nel film con una piccola cameo, come è successo.

Un piccolo omaggio a quelli di Hitchcock senza dover effettivamente comparire in carne ed ossa (ride). È stata un’idea dell’attore. Nella scena doveva stare seduto su letto con una television accesa e ci chiedevamo che programma potesse guardare. E lui ha detto: “perchè non Rawhide” (la serie western TV interpretata da Eastwood negli anni 50, ndr.). Abbiamo controllato gli anni e effettivamente era verosimile così l’abbiamo inserito (ride). Poi quando abbiamo girato la scena del numero finale in cui tutto il cast partecipa in un balletto, qualcuno ha suggerito che ballassi anch’io e li ho detto di no. Tutti devono conoscere i propri limiti.

Suo figlio Scott Eastwood ha seguito i suoi passi nel mestiere. Quali consigli gli ha dato?

In realtà è più probabile che me li dia lui i consigli (ride), ha le sue idee. No sono semplicemente content di vedere che se la cava piuttosto bene. Ci pensavo ieri sera, ha 27 anni ed è molti più avanti di dov’ero io – alla sua età ero fortunato se mi davano delle particine nel Highway Patrol di Broderick Crawford. Buon per lui.

E come spiega  il suo successo dopo?

Non saprei la fortuna è cosi importante. La prima fortuna è avere molti interessi e a volte bisogna fare un sforzo per rimanere interessati, come dicevo prima. Me lo ha detto una volta un novantenne. Era un gran forma, dimostrava sessant’anni  e gli ho chiesto quale fosse il suo segreto, e lui: “non ho mai fatto entrare il vecchio”.   E mi è sembrato assolutamnte giusto. Se smetti di vivere ‘in avanti’ , beh allora non ti rimane che andare indietro.  Anche se a tutti piace riflettere sulla propria vita e ricordare che bei tempi fossero nel ’75 – o nel mio caso sarebbe il ’45 (ride) –  a volte devi mettere da parte le nostalgie e vivere nel presente e andare avanti. 

Questo paese, l’America però è cambiata molto non assomiglia molto a quella in cui lei è cresciuta si sente ancora a casa?

Si, certo. A volte non è facile ma bisogna essere ottimisti, almeno io lo sono. Di solito vedo il bicchiere mezzo pieno e credo che tutto si possa farese uno ci si mette d’impegno. Per questo non mi sono mai tirato indietro quando si è trattato di provare materiale nuovo. Magari non ci riesci del tutto  e un film può riuscire più o meno bene, ma se non prendi la mazza e provi a colpire la  palla non lo farai mai.

Un paio di anni fa l’abbiamo, durante la crisi, l’abbiamo   vista in uni spot del superbowl dove dichiarava che “era l’intervallo in America” e che stava per cominciare il “secondo tempo”. Le sembra che sia stato così?

Beh, lo spero, è stata una delle recessioni più lunghe che si ricordino m sembra che ora la disoccupazione stia scendendo anche se non velocemente come tutti vorremmo. Me lo auguro perchè vorrei che tutti ci risollevassimo. LA forza di questo paese è sempre stata di fornire opportunità alla gente. Io sono cresciuto nella grande depressione e questa è stata sicuramente delle peggiori.