L’imam Guyo Gorsa Buru è stato arrestato nel 2018 nella città di Marsabit con l’accusa di collaborare con il gruppo terroristico Al-Shabaab. Dopo aver trascorso 4 anni nella prigione di massima sicurezza di Kamiti la corte lo ha scagionato per insufficienza di prove, ma l’uomo si rifiuta di lasciare la prigione perché teme di poter essere ucciso «by the state» dalla polizia. Il suo avvocato John Khaminwa ha spiegato alla Bbc che «ci sono numerosi casi di persone accusate del reato di terrorismo che sono state assolte e in seguito sono state trovate morte. Quindi è abbastanza giustificato nel ritenere che potrebbe essere eliminato».

Secondo Missing Voices, una ong che documenta e verificata i dati sulle uccisioni della polizia e sulle sparizioni forzate dal 2007 sarebbero morte 1.226 persone e 275 sarebbe scomparse per mano delle forze dell’ordine. Già nel 2009 il relatore speciale delle Nazioni unite sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie e arbitrarie aveva dichiarato che «le uccisioni da parte della polizia in Kenya sono sistematiche, diffuse e pianificate con cura. Sono commesse a volontà e nella totale impunità».

TUTTAVIA, NONOSTANTE la presenza di prove adeguate, le autorità, di fronte ai report delle organizzazioni sui diritti umani, continuano a negare e respingere l’esistenza di quella che sembra essere una politica del governo sulle sparizioni forzate e sugli omicidi della polizia. In parte c’è la lotta al terrorismo nella quale sarebbero coinvolti anche servizi segreti di altri Stati, ma questo potrebbe riguardare un numero esiguo di casi, per gli altri la polizia nega oppure addebita la responsabilità alle mele marce.

Le esecuzioni extragiudiziarie si riferiscono all’uccisione deliberata di individui al di fuori di qualsiasi quadro giuridico, ma provarlo è complesso sia per la lentezza della macchina giudiziaria, sia perché la protezione dei testimoni può essere sospesa se sono indagati o hanno commesso altri reati. Inoltre la polizia interferisce di fatto con la funzione di medico legale per determinare identità delle persone decedute, ora e data della morte, il modo e la causa.

Il Kenya ha firmato, ma non ratificato la Convenzione internazionale per la protezione delle persone dalle sparizioni forzate, pertanto non vi è una legge esplicita nei confronti di questo tipo di crimine anche se si può fare riferimento agli articoli che richiamano l’”habeas corpus”: una serie di principi che tutelano l’inviolabilità personale e il conseguente diritto dell’arrestato di conoscere la causa del suo arresto e di vederla convalidata da una decisione del magistrato.

NONOSTANTE LE DIFFICOLTÀ e i pericoli l’impunità non è totale, infatti, secondo Amnesty International nel 2021 sarebbero state uccise 167 persone e 33 sarebbero scomparse per mano della polizia (nella maggioranza dei casi giovani residenti nelle grandi baraccopoli), ma sarebbero stati avviati 28 procedimenti giudiziari contro i sospetti autori delle uccisioni. Secondo Kimari, attivista del Mathare Social Justice Center (Msjc) in «una società così disuguale, la polizia è lì per assicurarsi che i poveri non si sollevino, per questo serve una polizia molto violenta nelle aree povere. Le persone che vivono in posti come Mathare sono criminali a prescindere e le loro uccisioni vengono legittimate nel discorso pubblico semplicemente dal luogo in cui vivono».

L’Ipoa, autorità indipendente di supervisione delle forze di polizia non sembra fare progressi, ma cresce la voce dei familiari delle vittime. Dal 2020 è attivo il movimento delle madri delle vittime di sparizioni e uccisioni Mothers of Victims and Survivors Network, una settantina di persone determinate a porre fine alle uccisioni extragiudiziali.

Quanto a Guyo Gorsa Buru, ha ottenuto dal tribunale di poter restare in custodia cautelare per altri 30 giorni.