«Il distanziamento sociale lo sentivamo anche prima del Covid, la separazione fra individui nella cultura e nella società: e il nostro collettivo ha voluto essere una risposta». Marco Pedrazzi è uno dei giovani compositori – gli altri sono Bernardo Lo Sterzo, Livia Malossi Bottignole, Alessio Romeo e Diego Tripodi – che hanno costituito il Collettivo In.Nova Fert, di cui Pedrazzi si fa portavoce in un incontro che precede il concerto-documentario Sette Canzoni per Bruno, omaggio a Bruno Maderna in occasione dei cento anni dalla nascita del grande compositore veneziano, presentato martedì nell’ambito della Biennale Musica. «Ci siamo conosciuti a Bologna, e abbiamo dato vita ad un festival. Dopo questa esperienza abbiamo pensato di comporre insieme. E scrivere musica insieme implica naturalmente anche discutere».

PER Sette Canzoni per Bruno hanno composto a dieci mani, in contatto con Francesco La Licata, direttore del FontanaMix Ensemble, compagine che ha guidato in Sette Canzoni per Bruno. Spiega La Licata nell’incontro: «È un progetto, non solo un concerto. Volevamo evitare qualcosa di semplicemente commemorativo: l’idea è stata che dei giovani facessero qualcosa non per Maderna, ma con Maderna, e questo collettivo è un nucleo perfetto per passare il testimone di Maderna a dei giovani compositori. Approfittando del Centro Studi Maderna di Bologna, hanno esaminato documenti e lettere, sono entrati nella vita di Maderna che ha dato l’anima per la musica, hanno analizzato gli studi preparatori dei brani, spesso molto abbondanti, insomma hanno messo le mani nel materiale maderniano per reinventarlo».

Sette Canzoni per Bruno è un racconto che mette insieme l’elemento musicale con quello visuale e quello narrativo. Sullo schermo si inizia da Venezia, coi gabbiani sulla laguna; il FontanaMix (piano, flauto, clarinetti, fisarmonica, arpa, chitarra, violoncello, violino, tastiere), con la voce di Valentina Coladonato, inizia con un rifacimento dalle cinquecentesche Sacre Sinfonie del veneziano Giovanni Gabrieli; Luca Scarlini, che ha allestito i recitati di raccordo e curato la drammaturgia, evoca il piccolo violinista Brunetto, che il padre fa oppressivamente esibire come un fenomeno, e che si libererà di questa sua condanna ad essere un bambino prodigio diventando compositore.

La musica in parte ripropone esplicitamente, adattandole all’organico, pagine di Maderna (o sue passioni, come appunto la musica antica), dalle giovanili Liriche su Verlaine alla Serenata per un satellite, da Aria di Fortunata, dall’opera di Maderna Satyricon, a Per Caterina, dedicato alla figlia; in parte rielabora in brani nuovi spunti – non facilmente riconoscibili – rintracciati all’interno della vasta e eclettica produzione di Maderna, compreso il versante della musica «d’uso», per film commerciali e programmi radiofonici, perché «non c’è un Maderna grande e uno piccolo», dice Pedrazzi: anche con combinazioni e sovrapposizioni di spunti presi da pezzi diversi di Maderna, ma soprattutto cercando di raccogliere le modalità di lavoro del compositore.

Il flusso di rifacimenti e di elaborazioni originali, nell’impegnata esecuzione del FontanaMix, restituisce con finezza ma anche lievità la ricchezza del mondo poetico di Maderna: l’antico e l’elettronica, le ricerche musicali più ardite che lo collocano fra personalità come Stockhausen, Boulez, Nono, ma anche il gusto per la melodia e la canzone, la gondola e i satelliti, la musica classica e il jazz. Con la qualità della musica, l’evocatività delle immagini (Maderna che dirige, o allo studio di Fonologia di Milano) e i misurati interventi di Scarlini, Sette Canzoni per Bruno si snoda lungo un’ora e venti con grande eleganza e una non banale tonalità affettiva.

LA BIENNALE Musica si è aperta con l’assegnazione del Leone d’oro alla carriera al compositore spagnolo Luis De Pablo (1930), in considerazione fra l’altro del ruolo avuto nell’emancipare la musica contemporanea spagnola dai suoi limiti provinciali e nazionalistici. Ma la 64esima edizione della manifestazione ha tenuto presente diversi anniversari: oltre appunto a quello di Maderna, i trent’anni dalla scomparsa di Luigi Nono, i venti da quella di Franco Donatoni, i 250 dalla nascita di Beethoven, giustamente pensato come un grande contemporaneo: in un bel trittico di concerti in piano solo (Leonardo Colafelice, William Greco, Pasquale Iannone), opere di Beethoven sono state alternate a Stockhausen, Boulez, Donatoni.

Oggi sarà assegnato il Leone d’argento al francese Raphael Cendo (1975), fondatore della corrente della «saturation», e preme segnalare per domani, ultimo giorno, il concerto alle 12 dell’Ex Novo Ensemble, dedicato a Mario Messinis – mancato l’8 settembre – veneziano, critico acuto, direttore artistico a due riprese nel secolo scorso della Biennale Musica, che ha poi continuato a seguire con passione e con una presenza di grande amabilità.