Se si esclude l’antico Lo Hobbit uscito nel 1982, un’avventura testuale illustrata che nella confezione includeva anche il libro integrale, o i giochi Lego, che comunque sono sempre parodistici, l’opera di Tolkien non ha mai avuto adattamenti videoludici degni di essere ricordati. C’è voluto l’estro letterario di Christian Cantamessa, autore di Red Dead Redemption, e il talento degli sviluppatori di Monolith, per inventare un videogame che rende giustizia a quel mondo primevo e poetico ispiratore di quasi tutti gli universi fantastici contemporanei.

L’Ombra di Mordor, uscito per XBox One, PC e Ps 4 (prossimamente sulle console del passato prossimo) si ispira all’iconografia dei film di Peter Jackson ma il suo intreccio è inventato totalmente in maniera riuscita, spregiudicata e rispettosa dei romanzi del professore di Oxford. Il gioco funziona come «ponte» tra gli eventi che concludono Lo Hobbit e l’inizio de Il Signore degli Anelli, raccontandoci l’avvento di Sauron, l’Oscuro Signore redivivo, nella sua antica patria di Mordor.

In questo scenario è inserita la vicenda dello sconosciuto Talion, il protagonista, un ramingo di Gondor incaricato di pattugliare la terra maledetta e che assiste al massacro della sua famiglia prima di essere ucciso a sua volta dai fantasiosi quanto efficaci luogotenenti di Sauron.

Talion non muore, qualcosa lo tiene in vita; lo spirito misterioso di un elfo di cui successivamente scopriremo (con gaudio) i nobili e infausti trascorsi, dona al defunto i poteri neri di un non-morto. Comincia così una cruda e molto violenta storia di vendetta in cui massacreremo centinaia di orribili orchi, libereremo uomini e donne dalla schiavitù, ci potenzieremo fino a diventare una nemesi assassina in grado di sbaragliare gli eserciti del Nemico.

Erano poche le possibilità che L’Ombra di Mordor funzionasse, eppure tramite un’alchimia davvero elfica riesce a incollare allo schermo motivando il giocatore con le sue meccaniche ludiche profonde e appassionanti, così come l’esperto di Tolkien grazie al contenuto leggibile di indiscutibile interesse. Si legge di tutto: dalla qualità delle erbe alla storia, sorprendente e totalmente inventata, dei due Maghi Blu scomparsi nel lontano est. Dai ricordi di un cacciatore impressi in un oggetto dimenticato alle qualità predatorie della fauna locale.

Sospeso tra una giocabilità che ricorda la saga di Assassin’s Creed e quella di Batman Arkham Asylum, L’Ombra di Mordor eccelle in una simulazione di combattimento che esalta gli aspetti più splatter delle opere di Jackson e l’epica fanta-filologica di Tolkien. Ma ciò che sconvolge il giocatore è che gli orchi incutono davvero timore e sono dichiaratamente fascistoidi, abitano una società complessa e sono caratterizzati con una cura che li rende personaggi mai anonimi. Ascendere tra i ranghi dell’esercito orchesco per possederne i comandanti, decapitare con una «combo» spettacolare il più abbietto dei sadici, fare deflagrare un falò dove viene consumato un orripilante banchetto causando un’esplosione letale o avvelenare l’abbietto «grog» affinché gli orchi ci si strozzino sono azioni che causano emozioni epiche e giustificano la violenza splatter delle battaglie.

L’Ombra di Mordor è la sorpresa dell’anno, un videogioco da cui aspettarsi l’ombra mediocre di un mondo sofisticato e immenso che diviene invece un’avventura imperdibile per i fan Tolkien-jacksoniani e per gli appassionati del gioco d’avventura più estremo.