Cinque operai Fca di Pomigliano d’Arco sono stati licenziati per avere messo in scena un suicidio in effige dell’ex a.d. Marchionne, rappresentandone provocatoriamente il pentimento per le condizioni a cui sottoponeva la sua classe operaia.

La dimostrazione dei lavoratori intendeva protestare ed esprimere solidarietà a loro colleghi che si erano suicidati o avevano tentato di farlo portati a tale drammatico gesto dal duro stress fisico e psicologico generato dallo status del lavoro in quell’azienda. In particolare, nei giorni a ridosso della protesta, un’operaia della fabbrica si era appena suicidata in una situazione tragica. I cinque operai responsabili dell’happening provocatorio sono stati licenziati per aver danneggiato l’immagine della Società. Il grande magnate Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del mondo ha dichiarato che la lotta di classe è una realtà fattuale e ha soggiunto: “ e la mia classe l’ha vinta!”.

Dunque grazie a un potentissimo capitalista, anche chi non ha una formazione marxista o chi non ha mai voluto riconoscere l’esistenza della lotta fra capitale e lavoro può ora riconoscere che non si tratta di una chimera ma di una incontrovertibile realtà. Ora, chi sta della parte dei padroni o – per essere più precisi del finanz-capitalismo ( Luciano Gallino) – ha motivo per esprimere un incondizionato tripudio? A mio parere chiunque sia dotato di un pur minimo tasso di Intelligenza non dovrebbe trarre motivo di sconcia soddisfazione dalla temporanea sconfitta della classe operaia. Lo testimonia il fatto che i nostri cinque operai della FCA di Pomigliano d’Arco hanno deciso di fare ricorso alla Corte europea dei diritti, non per essere riassunti, come era pur lecito aspettarsi, ma per difendere il diritto di ciascuno alla libertà di opinione e di manifestazione delle proprie idee.

Tutti coloro che non hanno mai capito la classe operaia, che ne hanno ignorato la cultura, la sensibilità sociale, che hanno calunniato le sue richieste di diritti, che hanno osteggiato le sue lotte si chiedano per una volta perché cinque operai licenziati con tutte le difficoltà pratiche e umane che devono affrontare decidono di rivolgersi alla corte dei diritti d’Europa per perorare un diritto di tutti? Per una sola ragione: la classe operaia è stata ed è l’unica classe portatrice, in quanto tale, di valori universali.

Mentre la classe che ha vinto, quella dei Warren Buffet, lo ha fatto per se stessa, per un pugno di privilegiati smisuratamente ricchi al fine di renderli ancora più ricchi, anche al prezzo di calpestare quella classe media che ha ingenuamente creduto nei benefici del liberismo e della sua forma patologica, la metastasi iperliberista, la classe operaia ha lottato per la giustizia sociale, per la democrazia. A misura che gli operai si muovevano verso l’emancipazione dallo sfruttamento bestiale, dalla condizione del lavoro servile, l’intera società beneficiava in termini di democrazia di crescita civile e di diffusione dei saperi critici. Le famiglie operaie hanno fatto sacrifici perchè i loro figli, le generazioni future potessero studiare e migliorare le proprie condizioni di esistenza al fine di edificare una società migliore per tutti.

Ma le minoranze del privilegio e del potere hanno messo in campo ogni mezzo possibile per impedire che i lavoratori assumessero la leadership politica e culturale. Ben sapendo che la cultura e l’etica del lavoro sarebbero state incompatibili con il parassitismo di chi accumula il proprio potere con gli strumenti della speculazione, della corruzione, pervertendo il senso dei valori istitutivi di una democrazia degna di questo nome.

Questo processo di svalorizzazione del lavoro e della sua cultura favorito dal marasma mediatico impegnato a glorificare la vanità del consumo è arrivata a far credere che il lavoro sia un residuato di un tempo decaduto. Non è così, nel mondo gli operai sono milioni e milioni e il loro ruolo è tutt’altro che irrilevante. Il mondo ha bisogno di loro per non precipitare nell’insensatezza. E per questa ragione dobbiamo sostenere i cinque operai di Pomigliano d’Arco.