A fine ottobre scorso le cronache politiche erano assorte sui temi della approvazione della contestata legge elettorale e del vespaio suscitato da Renzi su Bankitalia; nessun rilievo ha ricevuto una piccola notizia che costituisce un ennesimo passo verso un riassetto dei poteri europei la cui forza trasformativa non ha precedenti dal percorso di avvicnamento all’euro.

Il Parlamento europeo in data 26 ottobre ha dato il suo assenso alla proposta della Commissione per un regolamento volto a definire l’assetto delle «cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate».

Per iniziare a capire occorre rituffarsi nei tempi della Grande Crisi.

Si ricorderà come nel 2007-08 il contagio sia avvenuto per via di prodotti finanziari che giravano fra le banche e altri soggetti finanziari: i famosi mutui subprime erano prestiti fatti a disoccupati e spiantati che venivano spezzettati ed infilati in pacchetti di prodotti finanziari eterogenei.

Pochissimi sapevano veramente cosa contenessero nel dettaglio; come comprare un cibo composto di numerose sostanze alimentari senza avere una etichetta. In caso in cui un ingrediente si sa che è avvelenato nessuno li vuole mangiare. La pratica di spezzettare e ricomporre in un prodotto finanziario è la cartolarizzazione.

La Commissione europea ha visto bene di manifestare «l’intenzione di rilanciare mercati delle cartolarizzazioni di qualità evitando di ripetere gli errori commessi» (24 novembre 2014). Dicendo che le cartolarizzazioni cattive vanno evitate, quelle buone vanno promosse perché sono utili.

Ma per cogliere le reali dimensioni della cosa occorre capire che si tratta solo di un frammento di qualcosa di più grande e quasi del tutto sconosciuto.

Oggi abbiamo l’impressione di vivere in una società in cui la finanza è riuscita a interconnettersi a tutto, ad infiltrarsi in tutto: il trionfo del capitalismo finanziario.

La Commissione e i poteri che vi stanno dietro non vedono alcun trionfo, solo nuove liberalizzazioni da fare. E così mettono in cantiere l’Unione del mercato dei Capitali.

Un piano di misure da prendere per costruire ponti (d’oro, si direbbe) fra investitori e aziende (ancora molto, troppo, dipendenti dalle banche).

Non basta che le grandi imprese si siano sempre più trasformate in conglomerati finanziari; anche le piccole medie imprese vanno incoraggiate in tal senso, traendo da tale mercato le loro risorse; inoltre vanno buttate giù le barriere fra stati membri che intralciano tali scambi.

Lanciata questa genialata nel febbraio 2015 e ingranata la marcia a giugno, la Commissione della sua comunicazione dell’8 giugno 2017 sostiene di aver completato 2/3 delle 33 azioni previste. Il termine sarebbe nel 2019.

La materia è di una complessità terrificante, si tratta di modificare regolamenti sulle modalità di presentare le offerte di finanziamento, sui tipi di prodotti finanziari; fra cui la cartolarizzazione, appunto. Si parla di fondi pensione, infrastrutture, obbligazioni, e molto altro.

Ovviamente si sbandierano vantaggi per l’occupazione, la crescita e il fiorire delle imprese che riusciranno ad intercettare questa manna.

Naturalmente la Commissione ha molto democraticamente fatto una consultazione pubblica per carpire gli umori popolari alla proposta contenuta nel suo libri verde. I cittadini che hanno risposto hanno nomi un po’ curiosi del tipo: Invesdor Oy, Bulgarian Industrial Capital Association, UK Crowdfunding Association, International Capital Market Association, EFR – European Financial Services Round Table e simili.

Sicuramente avranno dato le dritte giuste alla Ue su come l’espansione ulteriore della finanza possa recare una molteplicità di vantaggi agli strati popolari, ai lavoratori e ai popoli, possiamo stare tranquilli.