L’Unione africana (Ua) ha proposto di «prolungare e allargare le sue operazioni militari contro la milizia islamista degli Al-Shabaab», e in particolare «di consentire la partecipazione di più paesi». L’annuncio arriva a pochi mesi dalla scadenza, il 31 dicembre, del mandato della forza dell’Ua denominata Amisom, che vede impegnati oltre 20mila militari di vari paesi africani.

In una dichiarazione del 7 ottobre, il Consiglio per la pace e la sicurezza dell’Ua ha affermato di voler trasformare l’Amisom in una missione congiunta con l’Onu, cosa che consentirà ad «altri membri volontari e interessati dell’Unione africana di unirsi alle operazioni in corso». Il progetto dovrà essere approvato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e dal governo somalo.

NEL SUO DOCUMENTO l’Ua esprime «seria preoccupazione per il deterioramento della situazione della sicurezza in Somalia, con una progressivo incremento delle attività dei miliziani jihadisti con attentati e attacchi sia nella capitale Mogadiscio che nella zona centrale e meridionale del paese».

Una dimostrazione dell’instabilità e della mancanza di sicurezza per i somali sono gli attacchi e attentati kamikaze che hanno causato almeno cento vittime negli ultimi due mesi. L’ultimo, rivendicato ieri, è il duplice attacco di martedì con 12 militari uccisi nel distretto di Deynile e altre 5 vittime in una sala da tè nell’area di Fagah, sempre nella capitale.

Nonostante la cacciata di Al-Shabaab da Mogadiscio, nel 2011, le autorità federali controllano solo una piccola parte del territorio somalo. E questo grazie soprattutto all’utilizzo dei militari dell’Amisom.

IL TESTO INVITA IL PRESIDENTE, Mohamed Abdullahi Mohamed detto “Farmajo” e il primo ministro Mohamed Hussein Roble a «mettere fine alle loro divergenze e a concentrarsi sullo svolgimento delle elezioni ripetutamente rinviate senza ulteriori indugi». Secondo l’Ua, l’attuale stallo politico «contribuisce al deterioramento della situazione della sicurezza, distogliendo l’attenzione delle autorità politiche dalle questioni di governance».

Il riferimento è al feroce conflitto ai vertici dello stato che dura ormai da un mese, iniziato quando il premier Roble, vero artefice del dialogo nazionale per l’organizzazione di nuove elezioni, ha licenziato prima Fahad Yasin – stretto alleato di Farmajo e potente capo della National Intelligence and Security Agency (Nisa) – e poi il ministro della Sicurezza, Hassan Hundubey Jimale. Per tutta risposta il presidente Farmajo ha revocato «i poteri decisionali attribuiti al primo ministro» causa comportamenti «incostituzionali». Questo lunedì, in effetti, avrebbero dovuto tenersi le elezioni presidenziali, posticipate «a data da destinarsi» proprio a causa delle tensioni tra Farmajo e Roble.

A LIVELLO INTERNAZIONALE nella giornata di martedì la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha dato ragione alla Somalia riguardo ai 700 chilometri di confini marittimi contesi con il Kenya, in cui sono presenti importanti risorse naturali come giacimenti di petrolio e gas. Secondo la corte «l’area appartiene alla Somalia» e ha giudicato «illegittima l’attività di Nairobi», che dal 2014 aveva venduto porzioni di quel territorio alle compagnie petrolifere internazionali, rivendicandone la sovranità.