Nell’interpretazione favorevole all’operato russo appare sempre più ingombrante la categoria dell’umiliazione. La dissoluzione dell’Urss avrebbe oltremisura umiliato la Russia. E l’occidente avrebbe incrudelito su questa umiliazione. Logica davvero curiosa. Se l’Urss si è dissolta la responsabilità principale non può che essere sua. Altrimenti si accredita la visione infantile: la colpa è sempre degli altri. L’umiliazione torna in primo piano con la rivolta arancione.

Questa non viene ricondotta a cause endogene, riassumibili nel bisogno della società ucraina di uscire da legami di sudditanza ormai insopportabili. No, deve essere il prodotto di un complotto occidentale per sobillare un popolo che si sarebbe accontentato di qualche modesta riforma e che invece è stato spinto fino alla cacciata dell’uomo di Putin. Eccoci al punto chiave: il rovesciamento del regime filoputiniano in Ucraina avrebbe causato la seconda definitiva umiliazione della Russia. Che cosa di più naturale allora della necessità russa di difendersi da questa ferita e sanare l’umiliazione subita con una punizione esemplare?

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Si può capire che la classe dirigente russa continui a pensare in termini imperiali anche quando tutta la porzione europea dell’Urss non é più sotto il suo diretto controllo. Il metabolismo mentale di una classe sociale è per forza più laborioso di una mente singola. Esige lenta elaborazione, tempo per immaginare e costruire un futuro diverso. Ma che menti fervide dell’intelligenza europea adottino la categoria dell’umiliazione per spiegare e anche, diciamolo, giustificare il fine difensivo della guerra preventiva da parte della Russia contro l’Ucraina ha qualcosa di incredibile.

I satelliti occidentali dell’impero non ci sono più e con questo la Russia deve fare i conti. Che pretenda di farli minacciando la guerra nucleare è assai illuminante sulla sua natura attuale. L’Urss era tutt’altro che un paradiso, ma nonostante i gulag per qualche decennio ha riscosso una simpatia come emblema del socialismo, discutibile quanto si vuole ma persistente. E a parte l’avventura dei missili a Cuba, ha mantenuto i nervi saldi nel garantire l’equilibrio nucleare nella guerra fredda.

Ma oggi del socialismo resta in Russia solo l’abitudine della società al dominio del potere centrale. La Russia ormai da tre decenni è l’emblema di un capitalismo anomalo costruito sull’accumulazione primitiva esercitata con l’appropriazione privata delle risorse pubbliche. È una società chiusa, povera, ricca soltanto nel suo apparato militare e nei ceti oligarchici che la predano all’ombra di un controllo asfissiante sulla società civile.

Il tutto sotto la cappa di un potere assoluto che non si fa scrupolo di ricorrere all’assassinio dei giornalisti e degli oppositori, che impone il controllo totalitario dell’informazione, e la repressione sistematica della dissidenza (fino all’assassinio della Politovskaja). Un potere assoluto che mantiene il popolo nell’ignoranza costringendo i suoi figli a morire in una guerra contro un popolo fratello. Putin uno zar indiscusso da ventidue anni. E nelle intenzioni, pare, dovrebbero regnare fino al 2036. Non è questa la più profonda umiliazione della Russia? Le ragioni di Putin sono la necessità di far durare il suo potere assoluto. Le ragioni dell’Ucraina sono il bisogno di sottrarsi al suo tallone di ferro.