Nel video che circola in rete ormai da ieri, tre dipendenti di un supermercato di Follonica, di cui uno dall’altra parte dello smartphone che riprende, dileggiano due donne rom, rinchiuse nel gabbiotto in cui viene riposta la «merce difettosa», i rifiuti del negozio. E proprio come prodotti andati a male, vengono trattate le due donne, mentre urlano stipate e incredule tentando di aprire la porta che però rimane sbarrata. Oltre alla solita colata maleodorante di commenti sui social, e all’immancabile saltarci sopra del segretario leghista Matteo Salvini che propone assistenza legale agli autori del video casomai ne avessero bisogno, ciò che va in scena è una nuova grammatica del sadismo, sdoganata da un clima di violenza politica qui come oltreoceano. È un clima in cui l’orrore razzista sembra lecito, diminuibile quando è inferto a chi è più debole . Non sono solo energumeni i protagonisti – istituzionali e no – di questo sfascio che si tende a giustificare. Hanno anche volti più quotidiani, quasi innocui di trentenni che scherzano come durante un aperitivo serale mentre impediscono la libertà di due donne sequestrandole perché accusate – si intuisce – di qualche furto. È insomma una deriva, politica e sentimentale, inarrestabile in cui al senso dell’umano si contrappone l’incapacità di vedere l’altro se non immaginandone la soppressione. Disponendo liste-nere, espulsioni, carcerazioni e praticando torture. Qualsiasi cosa per infliggere a chi non può difendersi le umiliazioni più svariate, basta che siano disponibili al proprio godimento. E a quello dei migliaia dei propri contatti virtuali. Un bel supermercato anche i social, dove l’umano ridotto a merce difettosa fa spettacolo. E i gabbiotti simbolici in cui rimestare nei propri rifiuti e miserie sempre molto frequentati.