Nell’imprevedibilità del destino ci sono episodi che possono cambiare completamente la carriera e la vita di uno scrittore. Hamilton Basso fa parte di quella schiera di autori diventati uomini (sia umanamente che professionalmente) sotto l’ala protettrice del grande editor Max Perkins. Scopritore, promotore e generoso fratello maggiore di scrittori del calibro di Ernest Hemingway (che gli dedicherà Il vecchio e il mare), Francis Scott Fitzgerald e Thomas Wolfe.

BASSO È SEMPRE STATO incitato da Perkins a trovare la strada giusta per ottenere un romanzo degno di essere letto, amato e trasformato in un successo. Lo scrittore, americano di origini italiane, ha sognato per tutta la vita il successo letterario facendo sue le parole che Philip Roth dirà molti anni dopo: «L’ostinazione, non il talento, ha salvato la mia vita».

Dentro La vista da Pompey’s Head (Nutrimenti, pp. 544, euro 22, traduzione e postfazione di Nicola Manuppelli) c’è tutta l’energia di uno scrittore capace di sporcarsi le mani con una storia molto coraggiosa per l’epoca, il libro uscì nel 1954: quella di un giovane e brillante avvocato che torna nel Sud da cui era scappato anche per il disgusto che aveva provato verso i suoi concittadini dopo che suo padre aveva avuto problemi per aver difeso un uomo di colore in un processo. Tema che porterà Harper Lee, anni dopo, al successo planetario con il suo Il buio oltre la siepe.

Hamilton Basso fu uno dei primi scrittori – insieme a Faulker – a caratterizzare i personaggi afroamericani senza descriverli come macchiette e comparse, come facevano un tempo alcuni autori. In loro c’è profondità, c’è vita e c’è il dono della dignità che tutti gli uomini dovrebbero avere, senza mai la volontà di essere didascalico ma solamente umano.

Quando uscì, il libro di Basso fu un best seller che rimase in classifica per quaranta settimana, ne venne tratto anche un film diretto da Philip Dunne, regalando all’autore quel successo e il coronamento di quella voglia di rivalsa che aveva inseguito tutta la vita, con tutto se stesso.

QUESTO ELEGANTE ROMANZO è pregno di vita vera, di episodi che Basso ha vissuto sulla sua pelle e che ha utilizzato per creare una storia estremamente moderna e attuale. Ad esempio molti degli avvocati dei libri di Grisham si basano su quel senso di dovere e giustizia che Basso aveva già ampiamente utilizzato anche in altri suoi romanzi. Ma nelle ramificazioni di questa storia fatta di ricordi, amori passati e contraddizioni c’è anche un amore incondizionato per la letteratura e soprattutto per i suoi interpreti. Basso era un autore generoso capace di contaminare la sua storia personale con quella letteraria e mettere l’umanità al centro della sua narrativa.

Come per Thomas Wolfe, suo grande amico, c’è un rapporto di amore e odio per il «loro» Sud, le diverse sfumature dell’individualismo e il sogno e l’ambizione di scrivere il Grande Romanzo Americano. Basso – che tra le altre cose, scriveva anche sul New Yorker – è stato uno scrittore nel senso più puro del termine e questo libro ne è la prova tangibile.