Cronaca di una morte annunciata. Doveva finire alle 13, il tavolo del programma della fu maggioranza giallorossa. E invece è andato avanti fino a dopo le 18, un’altalena paradossale di stop and go, con i due renziani Davide Farone e Maria Elena Boschi teleguidati dal capo via whatsapp: in base alla trattativa parallela sui ministeri che conduceva Renzi (con Vito Crimi, Roberto Speranza di Leu e Dario Franceschini), loro alzavano o abbassavano la posta dentro la sala della Lupa. Con un obiettivo che a sera è parso chiarissimo: affossare il Conte ter.

UN GIOCO CHE ALLA FINE ha sfiancato anche Loredana De Petris, la vera moderatrice della due giorni di lavori, che uscendo si sfoga: «Ci hanno portato a spasso per tutto il tempo». Non c’è stato modo neppure di approvare un verbale, anche se erano stati proprio quelli di Italia Viva a pretendere un testo scritto. Una volta letto il riassunto della discussione, Boschi ha sbottato: «Non si possono togliere i punti divisivi e lasciare solo quelli su cui siamo d’accordo». Il verbale alla fine c’è stato, redatto da due impiegati, ma rimasto un pezzo di carta, senza firme, e senza neppure la rilettura finale.

LA GIORNATA ERA PARTITA malissimo, con la giustizia: l’ex ministro Pd Andrea Orlando aveva tirato fuori un “lodo” sulla prescrizione: «Un anno per rimettere mano ai tempi del processo penale, se non ce la facciamo interveniamo sulla prescrizione». Il M5S con Davide Crippa, a sorpresa, apre: «Noi ci stiamo». Tabacci esulta: «Qualcosa si muove». Ma Boschi e Faraone dicono no: «Per noi non va bene». «Zero assoluto», rincara Renzi da fuori. Andrea Orlando, presente come “tecnico” del Pd, si sfoga su twitter: «Zero assoluto sulla giustizia? Probabilmente sono stato invitato a un’altra riunione…». Pietro Grasso, anche lui al tavolo da super tecnico, rincara: «Sulla giustizia si sono fatti più passi avanti in quelle due ore che nei mesi precedenti, da Italia Viva solo pretesti».

IN REALTÀ È SOLO L’INIZIO. A ora di pranzo Renzi riunisce i suoi, «fino all’ultimo cercheremo un’intesa», fa sapere per coprire il bluff per i pochi ingenui che non lo avevano visto. Boschi risponde ai cronisti: «Passi avanti? No» e scivola nel corridoio. Dal Pd continuano a mandare segnali di ottimismo, che non si spegneranno neppure a sera, quando Graziano Delrio, mentre volavano gli stracci sui social tra M5S e Italia Viva, parlava di «distanze non incolmabili».
Al tavolo prosegue la doccia scozzese. Boschi e Faraone chiedono la rimozione dei vertici di Inps e di Anpal e del commissario Arcuri. De Petris, nei panni della moderatrice, sbotta: «Non siamo qui per parlare di persone, men che mai dell’Inps».

ALLE 15 SI DECIDE di richiamare Fico, il grande assente di questa due giorni. Il presidente della Camera si siede al tavolo, e ascolta i pareri dei singoli partiti. Avverte che «stasera salirò al Quirinale, oggi si deve concludere». Tutti i partiti gli dicono che «si sono fatti passi avanti, ci sono le condizioni per andare avanti». Boschi e Faraone no: «Sui punti per cui abbiamo aperto la crisi non sono stati fatti passi avanti». Secondo, e ancora più importante: «Non avanziamo nessun nome per la presidenza del Consiglio».

NEL FRATTEMPO DAL TAVOLO dei leader arrivano notizie negative: Renzi chiede la testa di Bonafede e Azzolina e del commissario Arcuri, Crimi a sorpresa lo manda a quel paese: «Non puoi decidere i ministri degli altri partiti».

A quel punto il tavolo sul programma si sgonfia come un palloncino bucato. «Noi stiamo soltanto facendo qualche passaggio, la partita si svolge altrove», confida un senatore. Gli altri temi, dal fisco all’istruzione, scivolano via, senza che più nessuno creda al lavoro che si sta facendo. A un certo punto Boschi e Faraone, quando la discussione è ormai conclusa, tirano fuori anche la Tav, dopo che lunedì avevano insistito sul Mes, altro tabu dei 5 stelle. Ormai tutti hanno capito che è finita. Poi Renzi con un tweet svela il gioco: «Bonafede, Mes, Scuola, Arcuri, vaccini, Alta Velocità, Anpal, reddito di cittadinanza. Su questo abbiamo registrato la rottura, non su altro. Prendiamo atto dei Niet dei colleghi della ex-maggioranza».

TEMI MISCHIATI a persone, una maionese impazzita che fa impallidire Fico. Scuro in volto lascia il salone, e si attacca al telefono. Prima di salire al Quirinale sente tutti i leader, pone a Renzi la domanda che era rimasta in ballo per quattro giorni: «Siete disposti a sostenere Giuseppe Conte per un nuovo incarico?». La risposta finalmente arriva ed è quella vera: «No». A quel punto la salita al Colle è la certificazione del buco nero.

ALLE 21.30 ARRIVA la chiamata di Mattarella per oggi a Mario Draghi. Il gioco è svelato, Renzi lavorava a questa operazione da settimane, convinto che Conte avrebbe speso male i miliardi del Recovery, in tandem con Berlusconi e con Salvini, convinto da Giancarlo Giorgetti che un passaggio istituzionale può far bene anche alle ambizioni del capo leghista. La resistenza del Pd è già pronta a franare, il Movimento 5 Stelle s’accoderà perdendo qualche pezzo. La stagione di Conte è finita. E anche la maggioranza giallorossa.