Dopo ventitré anni Sellerio riedita l’autobiografia romanzata di Francisco Franco scritta dal celebre autore catalano Manuel Vàzquez Montalbàn. Un’operazione importante, che consente il ritorno in libreria di una delle più rilevanti e discusse opere sulla transizione spagnola dal franchismo alla democrazia. Nel raccontare la vita del dittatore spagnolo, l’autore parla a una generazione post-franchista che con eccessiva impazienza decise di chiudere un’epoca, stanca dei traumi del perenne post-guerra civile in cui venne rinchiusa la società spagnola dal 1939 al 1975. Meglio ingannare la memoria che riaprire ferite non ancora cicatrizzate, e così storici e politici seppellirono il recente passato guardando al futuro, come se quel passato non influisse direttamente nella fisionomia di una nazione. Montalbàn, vittima diretta della rappresaglia franchista, non cede però all’oblio “oggettivista” che circonda la riflessione sul franchismo, perché cancellare il franchismo significa dimenticare l’antifranchismo, e cioè, secondo l’autore, “lo sforzo culturale etico più generoso, malinconico ed eroico in cui resistettero manciate di donne e di uomini” spagnoli costretti a un quarantennio di dittatura nel cuore dell’Europa del dopoguerra. E così la Spagna contemporanea va avanti decidendo di dimenticare quella vetta etica che infiammò per lunghi mesi un’intera generazione di europei. Ma chi è il Franco che emerge dalle pagine di Montalbàn? L’autore, come sappiamo, si serve di un espediente letterario rischioso ma efficacie: immagina un giovane scrittore spagnolo a cui una casa editrice chiede di scrivere un’autobiografia del Caudillo. Lo scrittore, antifranchista passato per le torture del regime, ha così l’occasione di fare i conti con il proprio incubo, suo e delle sua generazione. Ne esce fuori un racconto a due voci. Franco in punto di morte si accinge ad un complesso memoriale in cui ricorda tutti i principali passaggi della propria vita; l’autore interviene saltuariamente sottolineando i molti eccessi artificiosi, retorici, fasulli. Il risultato è un controcanto tra la Spagna ufficiale e quella reale, tra la retorica del potere che ormai ha conquistato il Franco privato, e la grigia realtà quotidiana di un antifranchismo più etico che militante. Montalbàn riesce a difendersi dai due possibili rischi dell’operazione: cadere nell’invettiva antifranchista perdendo di vista l’artificio narrativo dell’autobiografia; o quello di elevare un monumento involontario all’oggetto del racconto. Franco si racconta attraverso una lunga riflessione interiore ma non intimistica, che indaga soprattutto su una certa psicologia del potere, del franchismo, della vita militare. Francisco Franco non è il Mussolini futurista, simbolo di una travagliata modernità a cui le masse inchiodarono la politica del primo Novecento; e non è neanche l’Hitler pagano, idealista e populista, ma in ogni caso “politico”. Franco è l’ultimo sovrano assoluto europeo. Tutto in lui e nel suo movimento vorrebbe richiamare alle vestigia del siglo de oro, si presenta come diretto erede di Carlo I e Filippo II. La sottomissione della politica all’esercito, il ruolo legittimante della Chiesa, la funzione cristallizzante dell’aristocrazia feudale, la politica coloniale come diritto divino. La Spagna di Franco non cavalca tragicamente la modernità ma ne è la reazione più pura. Cancella ogni positivismo, relativismo, materialismo o industrialismo: è la Spagna dei feudatari coi loro fondi di caccia, la Spagna dell’inquisizione che viene ristabilita come se il tempo si fosse fermato al fatidico XVII secolo. Franco è spiegabile solo all’interno della società spagnola dell’epoca, non ha confronti diretti nel resto d’Europa. Ma non c’è alcuna rivalsa in Montalbàn: il Franco che prende vita dalle pagine del romanzo è un personaggio complesso, un buon militare, con un’educazione rigidamente tradizionale e con un’ambizione smisurata tenuta a freno da una certa etica marziale. Uno spagnolo come tanti dell’epoca, e sta proprio qui il punto nodale che sorregge l’opera nel suo complesso. Franco era solo uno dei tanti spagnoli che in quel tragico tornante della storia scelsero di reagire all’instabile modernità novecentesca. La Spagna sembra avere solidi anticorpi democratici, il problema non è allora un ritorno al franchismo, ma una perdita di memoria che svilisce i rapporti sociali e politici del paese.