Al termine di una settimana di lutto nazionale in cui gli sono stati tributati i massimi onori possibili, ieri in Sudafrica è stato il giorno dell’addio definitivo a Desmond Tutu, arcivescovo emerito della Chiesa anglicana, eroe sia della lotta anti-apartheid che dei tentativi di riconciliazione nazionale dopo la liberazione, scomparso lo scorso 26 dicembre a Città del Capo. Dove ieri parenti e autorità in numero limitato per le norme anti Covid hanno partecipato ai funerali di stato nella cattedrale di St. George, dietro al cui pulpito i resti di Tutu riposeranno.

«Vorrei vedere il ricordo di mio padre mantenuto vivo nella ricchezza di una nazione da condividere per porre fine alla povertà» ha detto la primogenita Mpho Tutu van Furth. Per il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa se l’arcivescovo fosse stato presente «avrebbe cercato in ogni modo di strapparci un sorriso, avrebbe detto “hey che cos’è tutta questa tristezza!”. Perché questo era il tipo di persona che era (…) Uno dei pochi capaci, come le anime più rare, di raggiungere lo status dell’icona globale nel corso della loro vita».

Al termine dela funzione i familiari, con in testa la vedova “Mama” Leah, compagna di vita e di lotta per 66 anni, hanno seguito la salma verso l’”acquamazione”, una alternativa alla cremazione dieci volte più sostenibile, in linea con il pensiero profondamente ecologista di Tutu, in cui il corpo viene sottoposto a un processo di «idrolisi alcalina» che accelera i processi naturali.