La scelta di tenere il funerale laico di Emanuele Macaluso alla Cgil è stata spiegata perfettamente dal ricordo più bello e commovente della mattinata. Il ministro Peppe Provenzano, dal 2004 vicinissimo a Macaluso e alla sua famiglia, ha ricordato una sua frase del primo dopoguerra, quando lasciò temporaneamente il Pci diventando in fretta segretario regionale dell’allora Cgdl unitaria: «Vado al sindacato dove c’è più libertà». È stato quindi giusto ricordare Macaluso a Corso Italia, sebbene nel cortile antistante la sede della confederazione per rispettare le normative Covid e consentire all’aperto una presenza più ampia.

A ricordare Macaluso c’erano tante persone. Fra i più inaspettati, mischiato nella piccola e distanziata folla, c’era anche Luca Cordero di Montezemolo: «Era una persona che ho sempre stimato, un riformista curioso di confrontarsi anche con persone lontane dal suo pensiero».

DAL MICROFONO Marcelle Padovani, collega e amica, che ha conosciuto Macaluso ai tempi delle lotte contro la mafia, ricorda le ultime telefonate dall’ospedale. Così come è forte il ricordo di Aldo Tortorella, a lungo con lui nel Pci.

MA È PROVENZANO A DESCRIVERNE la grandezza politica e umana, ripercorsa per tutti i 96 anni di una «vita bellissima». La comune origine siciliana, entrambi della provincia di Caltanissetta, è la scintilla per un rapporto in cui la differenza anagrafica è stata un collante tanto quanto la politica. La parabola di Macaluso è ricostruita con dovizia di particolari, personaggi, sentimenti e ambientazioni. Le zolfatare, Portella della Ginestra – «dove tornò per il suo ultimo comizio, sempre con la Cgil» – , Milazzo, il quartiere Testaccio a Roma. Politicamente fu «l’importanza del popolo la peculiarità del suo migliorismo, inteso come miglioramento delle condizioni lavorative delle persone». L’esperienza «del carcere per adulterio» lo portò a due tratti eretici nel Pci: «il garantismo e l’importanza per le condizioni nelle carceri» da un lato e «l’essere disinibito nei costumi sessuali» e «la grande importanza data ai diritti civili».

Impossibilitato per ragioni di salute Giorgio Napolitano, del suo Pci che ieri compiva 100 anni, in molti erano presenti: Massimo D’Alema, Piero Fassino, Pierluigi Bersani, Livia Turco.

TUTTI LÌ, ASSIEME A PERSONE di estrazione ed esperienza diversa – perfino il Paolini disturbatore tv – perché «Emanuele Macaluso non dimenticava nulla e per questo non si può dimenticare», sottolinea Provenzano, senza trattenere l’emozione.

Tra le presenze istituzionali, i ministri Roberto Gualtieri e Vincenzo Amendola, il presidente della Camera Roberto Fico, i vertici del Pd (partito a cui mai aderì) con Nicola Zingaretti e Andrea Orlando.

Il padrone di casa, Maurizio Landini, ne ha ricordato il rapporto con il sindacato, rinsaldato nell’ultimo periodo della sua esistenza. «È stato chiamato a 20 anni in Sicilia da Di Vittorio. Il tratto importante della sua militanza sindacale e politica è che qualsiasi cosa ci si appresti a fare bisogna partire dalla questione sociale e non bisogna perdere mai l’umiltà di capire le cose», conclude Landini.