Di topi nella metropolitana di Londra ce ne sono già abbastanza, anche se sono quelli di Banksy. E il personale delle pulizie della London Underground ha debitamente agito, cancellandoli. La direzione ha ribadito tolleranza zero per le scritte sulla metro per poi chiedere all’artista di farne altre «in un posto adatto» che non siano i treni: una sorta di «ci scusiamo per aver vandalizzato l’atto vandalico», nell’ennesimo, gustoso episodio di graffiti art, l’arte rupestre del ventesimo secolo con l’elusivo e onnipresente artista di Bristol come protagonista.

IL BANKSY post-Covid aveva colpito ancora, disseminando di stencils con i suoi classici topastri, questa volta con le mascherine, i vagoni della Circle Line, per poi rendere noto il tutto attraverso un video diffuso su Instagram martedì. Video che lo ritraeva all’opera, bardato in una tuta a metà fra quella di un cleaner e l’ormai tristemente noto scafandro profilattico da reparto malattie infettive mentre lasciava il suo segno delebile in uno dei vagoni. Un topo usa una mascherina come paracadute, un altro che la indossa, un altro ancora ha un disinfettante (non amuchina), un altro starnutisce, spargendo migliaia di goccioline virali attorno a sé… Il video si chiudeva sulle note del brano hit del 1997 Tubthumping della anarco-band di Leeds Chumbawamba con la scritta I get lockdown: un gioco di parole con il celebre ritornello «I get knocked down/but I get up again/You are never gonna keep me down» (casco per terra ma mi rialzo, non riuscirete mai a tirarmi giù, sorta di inno alla resilienza alcolica), sull’assonanza di lockdown e knocked down. Della serie: ce la faremo, siamo più forti del virus. Il titolo dell’opera-blitz era anch’esso un gioco di parole: If You Don’t Mask, You Don’t Get, dove l’assonanza è fra «ask» e «mask». 

TUTTE SPECULAZIONI ex-post su un’opera estinta ancora prima di esser resa nota, proprio come il celebre quadro di Banksy autodistruttosi secondi dopo esser stato battuto da Sotheby’s per un milione e mezzo circa di dollari. I ratti erano infatti stati prontamente cancellati dagli stessi cleaner, il personale di pulizia della London Underground, forse perfino prima che lui lo rivelasse martedì. I ratti urbani dell’artista di Bristol – uno dei suoi segni più inconfondibili soprattutto nella metro londinese che sui roditori letteralmente galleggia, basta occhieggiare una qualsiasi linea i binari per vederli saettare nella fuliggine – si adeguano al clima pandemico che ha ghermito l’umanità e esortano a un comportamento responsabile: «Indossate la mascherina» dicevano in tutte le pose in cui li aveva figurati l’artista, soprattutto nei vagoni dove milioni di londinesi si assembrano nella routine quotidiana. Un modo di invitare alla salvaguardia della salute propria e altrui, che a molti suonerà più ricevibile di quelle del governo, finora brillantemente riuscito a mimetizzare abilmente la cialtroneria con cui ha gestito l’emergenza sanitaria di questo stramaledetto virus (a tale proposito, il premier Johnson ha annunciato l’obbligatorietà dell’uso della suddetta mascherina nei negozi, suscitando non poche contestazioni).

L’ENNESIMO ritorno dell’equivoco che sta al cuore della graffiti art, con il suo coefficiente vandalico come ragion d’essere ed estemporaneità, suona diverso in questi tempi morbosi. In tempi pre-Covid, i vertici di London Underground si sarebbero morsi le mani per aver distrutto involontariamente l’opera di uno degli artisti più famosi d’occidente: ma oggi il suo è soprattutto un intervento di sensibilizzazione etica, non solo politica, tanto si è assottigliato il discrimine fra salute e malattia nel mondo cosiddetto sviluppato. E non è che l’ultimo dei lavori del nostro sullo stesso tema: lo scorso aprile con i soliti topi che creano il caos nel bagno di casa sua (con didascalia: «Mia moglie non sopporta quando lavoro da casa»); poi ha messo la mascherina al suo classico di Bristol, la Girl With The Pierced Eardrum, ispirata a Vermeer. Un altro lavoro, dal titolo Game Changer, è stato il suo recente tributo al personale medico britannico impegnato nella risposta della sanità pubblica nazionale all’emergenza pandemica.