Quando uno scrittore di noir decide di fare una «serie» su una vicenda criminale corre il rischio della prevedibilità. Talvolta può diventare un pregio, perché consente di approfondire psicologie e contesti sociali. Altre volte, la narrazione diventa arida. Piergiorgio Pulixi è consapevole di questa insidia e la neutralizza innalzando il livello di scontro tra i protagonisti: una squadra di poliziotti (il Branco) capeggiati dall’ispettore Biagio Mazzeo, manager della city londinese collusi con la criminalità organizzata, narcotrafficanti messicani e colombiani, mercenari e killer spietati. Questo quarto appuntamento della serie (Prima di dirti addio, e/o, pp. 300, euro 18) sposta l’attenzione sui rapporti di collaborazione e competizione esistenti tra la ’ndrangheta, i cartelli dei narcotrafficanti messicani e i servizi segreti di mezzo mondo (sugli altre «puntate» della serie ha scritto Mauro Trotta).

La guerra del Branco

Un noir è un’opera di fantasia, ma Pulixi (e il gruppo di scrittori Sabot/age coordinato da Colomba Rossi e Massimo Carlotto) usa questa forma specifica di fiction a partire da solide basi reali. E infatti il romanzo parla dell’impero finanziario costruito dalla ’ndrangheta sullo spaccio di cocaina a livello globale. La sua potenza preoccupa tanto la Fbi che la polizia italiana, che collaborano per contenere la diffusione planetaria della ’ndrangheta.

Questo lo sfondo del romanzo, che inizia là dove era finita la «terza puntata». Il Branco ha avuto molti e dolorosi lutti. Negli scontri con la mafia cecena e la ’ndrangheda alcuni poliziotti sono stati ammazzati con ferocia, compresa la donna di Biagio Mazzeo. Ma quella del Branco era una guerra «privata» contro il crimine, visto che ha operato come una vera e propria crew criminale, facendo affari sporchi e lasciandosi corrompere. Nessuno si è arricchito, ma ognuno di loro ha accumulato le risorse per condurre una vita al di sopra del tenore di vita consentito dal «magro» stipendio.

Biagio Mazzeo capisce che l’epilogo del Branco è vicino. Troppi i morti, troppi i sospetti di altri poliziotti. Ma prima di lasciare la scena vuole la vendetta. Vatslava Demidova, la donna di un mafioso ceceno da lui ucciso, gli ha massacrato donna e nipote adottiva, facendolo assistere alla sadica esecuzione della donna. Ma quando gli viene detto che un pezzo grosso della ’ndrangheta è stato preso e che quello può essere il tramite per arrivare per arrivare a Vatslava fa di tutto per entrare nella partita.

Pulixi si pone il problema di definire meglio la psicologia dei personaggi del Branco e delle donne che gravitano attorno alle vite dei suoi componenti. Cerca di illuminare i lati oscuri di ognuno di loto per spiegare perché un gruppo di poliziotti bravi e stimati ha scelto la «terra di mezzo» tra legalità e illegalità. Bisogno di uscire da una miseria antica, tramandata di generazione in generazione; bisogno di appartenenze forti perché vivere nella Giungla (la metropoli) è difficile. Voglia di riconoscimento, perché la polizia chiede e mai dà, dato che i premiati sono i mediocri. Un milieu tutto al maschile, dove termini come onore, amicizia sono sinonimi di una virilità percepita tuttavia come fragile corazza per difendersi da un modo ostile.

Prima di dirti addio si dilunga molto sulla struttura della ’ndrangheta. È la parte più «giornalistica» (un buon giornalismo di inchiesta) del libro. Dalla Calabria, la ’ndrangheta è prima giunta in Lombardia, per poi tentare l’insediamento nelle regioni vicine. Il meccanismo, a livello nazionale, è sempre eguale: spaccio di droga, reinvestimento in attività legali necessarie a garantire l’espansione territoriale. Quando però varca i confini italiani, il «salto di qualità». Si pone dunque come una impresa globale che garantisce la logistica della cocaina via mare, via terra, l’investimento finanziario per lavare i soldi della «polvere bianca», accrescendo infine i profitti in operazioni dove derivati, debiti sovrani sono il pane quotidiano dei suoi manager. Non produce, la ’ndrangheta. Esiste una divisione internazionale del lavoro criminale: a coltivare, raffinare la coca e vendere ci pensano i «locali, i calabresi si occupano del resto. Un chiaro esempio di impresa globale postfordista.

La governance è criminale

Nel romanzo tutto ruota attorno a una figura chiave: colui che garantisce il trasporto, l’allocazione della cocaina, nonché il flusso di denaro dall’illegale al legale. Il tizio viene arrestato, liberato, rapito. Il Branco lo vuole perché così Biagio Mazzeo potrà avere la vendetta desiderata. Ma le imprese globali criminali sono mutanti, hanno solidi rapporti con la politica e i servizi segreti. Accettano dunque di contribuire alla «governance» mondiale di un modello economico che ha cancellato la distinzione tra lecito e illecito, tra legale e criminale. Il Branco ha di fronte un nemico potente e scaltro. Logico dunque che si sciolga. Ovvio che la morte diventi la compagna di viaggio di ognuno dei componenti, che possono essere sacrificati per garantire l’ordine costituito. Per dipanare la matassa Pulixi lavoro sodo con la scrittura, che diventa essenziale, mantenendo così alta l’attenzione. Alla fine tutti possono congedarsi e dirsi finalmente addio. O arrivederci.