Nel fine settimana che va dal 21 al 23 settembre prossimi, in occasione delle Giornate del Patrimonio promosse dall’Unione Europea, Firenze metterà in scena L’Eredità delle donne, prima edizione di un festival culturale dedicato alle multiformi declinazioni del talento femminile.Eventi cardine saranno le tre serate teatrali ideate da Serena Dandini, la direttrice artistica, con la collaborazione di Elastica e della Fondazione CR Firenze, intorno alle quali ruoteranno iniziative che renderanno, per la prima volta, fruibili bellezze meno battute dei tesori artistici della città. Per esempio la Quadreria Corsini, con opere di Botticelli, Filippino Lippi, Pontormo e Giovanni Bellini, mai aperta finora gratuitamente. In anteprima, sarà poi possibile visitare il laboratorio nel quale Rossella Lari, che illustrerà dal vivo le tecniche utilizzate, sta restaurando la Crocifissione della pittrice fiorentina Suor Plautilla Nelli.Gli organizzatori hanno scelto come ideale madrina Anna Maria Luisa de’ Medici: l’Elettrice Palatina. Ultima della dinastia medicea, la sua benemerita intuizione, morto il fratello nel 1737, fu di vincolare allo Stato l’intera collezione della famiglia. Guida d’eccezione alla scoperta della sua persona sarà la storica della medicina Donatella Lippi, che nel pomeriggio di domenica accompagnerà i visitatori nel Museo delle Cappelle Medicee, presso il Bargello, luogo di sepoltura dell’Elettrice, le cui spoglie, insieme alle altre presenti, sono dal 2012 indagate dalla studiosa.

IL RITIRO
«Anna Maria Luisa fu una principessa saggia», spiega al manifesto Lippi. «Con consapevolezza rivestì il ruolo sacerdotale di colei che è chiamata a interpretare la fine della propria casata, a partire dalla scelta dell’ultima dimora: non i palazzi del potere, in un inutile e disperato arrocco, ma il ritiro di Villa la Quiete alle Montalve, non lontano da Careggi, in quel lembo di campagna che tanto era stato amato dai suoi avi».
Spettò a lei completare i lavori nella basilica di San Lorenzo e nella Cappella dei Principi e soprattutto fu lei a trovare il modo per salvaguardare a vantaggio dei posteri la raccolta d’arte e di gioielli della famiglia che riuscì, nella convenzione del 1737, a legare alla città.
«Il 31 ottobre 1737, dopo intense consultazioni seguite alla morte del granduca Gian Gastone, Anna Maria Luisa stipulava col successore Francesco Stefano di Lorena il Patto di Famiglia, uno degli atti fondanti della storia di Firenze», chiarisce Lippi.
Nel documento si richiede ai Lorena che si impegnino a conservare i beni ricevuti a «ornamento dello Stato, e per utilità del Pubblico, e per attirare la curiosità dei Forestieri, non ne sarà nulla trasportato, o levato fuori della Capitale, e dello Stato del Gran Ducato».
I Lorena, anche se indicati come eredi universali del patrimonio mediceo, trovarono così una limitazione determinante alla sua piena disponibilità. «Come sovrani di quello Stato – racconta ancora Donatella Lippi – ne avrebbero certamente goduto, compiacendosi del suo «ornamento»; ma la comunità dei cittadini ne avrebbe ricavato un beneficio ancor più rilevante».
Il concetto di «utilità del Pubblico» va qui espressamente al di là dei confini geopolitici. «Proprio nella curiosità dei ’forestieri’ è individuata da Anna Maria Luisa la possibilità di ricchezza e di sviluppo a lungo termine per la sua città, di cui lei diviene allo stesso tempo madre e figlia, creando quell’identificazione di Firenze con la bellezza evocata ancora oggi nell’immaginario collettivo».
Sabato, presso l’Ospedale di Santa Maria Nuova, la stessa Lippi, spalleggiata dall’attrice Anna Meacci, accompagnerà il pubblico in un’altra raccomandabile passeggiata sulle tracce di Monna Tessa: tra le prime infermiere di cui le fonti si siano degnate di lasciare ampia notizia.
La visita guidata partirà dall’ingresso del Chiostro delle Ossa, dove una lapide a lei dedicata ricorda la data di fondazione dello «spedale»: il 23 giugno 1288.
Immortale è il ricordo di Beatrice Portinari grazie alla mediazione superba ma alquanto medioevale offerta da Dante, che nella sua idea di donna angelo non è certo baciato da una visione illuminata, mentre resta ai più sconosciuta la sua educatrice: Monna Tessa, la domestica di famiglia.
«Lei, cui nessuno ha dedicato versi eterni, è stata l’ispiratrice di Folco, il padre di Beatrice, per la costruzione di un ospedale che da subito si configurò come luogo di accoglienza, di cura e di studio», ricorda Lippi.

PRENDERSI CURA
Avendo riunito intorno a sé un gruppo di nobili fiorentine, fu capace in poco tempo di creare un ordine di infermiere ospedaliere, definite Oblate per la volontà di servire il prossimo. Anche qui si annida il rapace archetipo pensato dai maschi del femminile «curare» e del «prendersi cura», fatto di silenzio e di un anonimato distante dalla fama di Beatrice e però violato con l’identico marchio paternalista della sua notorietà. Eppure, al di là della letteratura, non ne venne nessuna storia di genere, se non una straordinaria caparbietà.
«Dopo aver sbrigato le pratiche per la regolamentazione della posizione giuridica delle Oblate, Monna Tessa rese Firenze protagonista di un fondamentale momento nel romanzo dell’assistenza nei confronti dei poveri e malati che affollarono le corsie della struttura», racconta la storica. E lo fece senza perdere tempo.
Una strada sotterranea, tra l’ospedale e il convento delle Oblate, permetteva loro di raggiungere i degenti più rapidamente, soprattutto in seguito all’ampliamento della struttura avvenuto nei secoli XVI e XVII. Una strada che i visitatori del festival impareranno a conoscere.
La maggior parte degli eventi previsti, tra cui la visita all’Ospedale di Santa Maria Nuova, sono gratuiti con prenotazione obbligatoria, per la quale si consiglia di utilizzare il sito ereditadelledonne.eu.