Il ministero della Salute ha un grande sfida davanti a sé: trovare i fondi per una nuova categoria di farmaci complessi che arriveranno presto in campo reumatologico, tumorale e virale. Si rischia, altrimenti, di aver trovato le cure per persone che oggi rischiano la vita, a causa di malattie croniche, ma di non poterle usare a causa del loro costo molto elevato. La settimana scorsa, mentre il governo ragionava di tagli alla sanità, poi evitati, per 2,5 miliardi, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) incontrava la multinazionale biofarmaceutica statunintense Gilead per l’introduzione nel nostro Paese di un nuovo farmaco per l’epatite C. «A breve sarà possibile averlo sul mercato italiano, ma si prevede un impatto, dal suo arrivo, di circa un miliardo di euro», ha spiegato lo scorso 8 aprile il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, aprendo a Roma gli Stati generali della salute. Ammettendo poi che si tratta di un costo «sottostimato», che secondo alcuni potrebbe essere più che doppio. Il Sovaldi (sofosbuvir) è un antivirale ad azione diretta (Daa) e assunzione orale. Negli Stati uniti costa mille dollari al giorno «ma è estremamente efficace, poiché associato ad un altro guarisce tra il 90 e il 100% delle persone, eradicando il virus», spiega il dottor Giovanni Battista Gaeta, professore ordinario di malattie infettive all’università Federico II° di Napoli, oltre che componente del gruppo di esperti per la stesura delle linee guida nazionali per la terapia delle epatiti. Ma soprattutto uno che questa cura la conosce in maniera diretta.

Secondo le stime, circa il 3% della popolazione mondiale (130-170 milioni di persone), sarebbe affetta da un’infezione cronica di epatite C (Hcv). L’unica delle tre per la quale non esiste ancora un vaccino. L’Italia è al primo posto in Europa per numero di persone positive a questo virus che distrugge il fegato, con oltre un milione e mezzo di pazienti, più di 1.000 nuovi casi e 20.000 morti l’anno per cause correlate all’infezione. Con l’attuale cura, la cosiddetta triplice terapia con iniezioni di interferone, «sono stati trattati circa 2.000-3.000 pazienti – continua l’epatologo – innanzitutto perché non fa guarire il 90% delle persone ma tra il 60 e il 70%, ma soprattutto in quanto pesante e con molti effetti collaterali, tanto che ai pazienti più gravi, quelli che hanno la cirrosi avanzata, non può proprio essere somministrata».

Quella nuova può invece salvare la vita a milioni di persone. «Vista la significativa prevalenza patologica dell’infezione da Hcv in Italia, abbiamo deciso di seguire una procedura accelerata che consentirà la definizione, in via negoziale, della rimborsabilità di questo farmaco entro 100 giorni», ha spiegato l’Aifa. In pratica, stanno trattando sul prezzo. «Un problema di cui si discute è quello etico delle aziende. La ricerca è nelle loro mani e stabiliscono loro il prezzo. Negli Stati uniti un ciclo di cura di 12 settimane costa l’equivalente di circa 65mila euro», aggiunge l’epatologo. In pratica, quasi 800 euro al giorno e per qualche categoria di pazienti sono necessarie 24 settimane, tanto che le assicurazioni che negli Usa pagano le cure si sono ribellate. «Finora il prezzo europeo, pagato da Francia e Germania, i primi a comprarlo, è stato circa 50-55mila euro. Se è vero che in Italia ci sono così tanti pazienti, dovremmo trattare il prezzo».

Tra i Paesi emergenti c’è riuscito l’Egitto, che avendo uno dei tassi di infezione da epatite C più alti al mondo ha firmato un accordo per comprarlo all’1% del prezzo Usa. Anche Medici senza frontiere è riuscita ad acquistare dalla Gilead il ciclo di 12 settimane a 900 dollari, così da poter guarire i pazienti di altri Paesi a basso reddito, che altrimenti non si sarebbero mai potuti permettere la nuova cura.