Con reticolati metallici e provvedimenti di legge anti-immigrazione l’Ungheria di Viktor Orbán è in prima linea contro l’accoglienza. Lo dimostra una volta di più con la volontà di inserire nella costituzione il divieto di accogliere i migranti economici illegali. Si tratta di una delle misure contenute in un pacchetto che ieri ha ricevuto il via libera dalla commissione parlamentare e che oggi sarà sottoposto al voto del parlamento.

Tra i provvedimenti che attendono il voto dell’assemblea nazionale, dove il partito Fidesz del primo ministro ha una maggioranza di due terzi, vi sono il divieto ai senzatetto di dimorare in luoghi pubblici e la limitazione del diritto di manifestazione. Il governo prevede anche di inserire, più avanti, l’obbligo di difendere la cultura cristiana. Quella cultura che Orbán, divenuto ormai un punto di riferimento per i sovranisti europei, vede minacciata da imponenti flussi migratori di genti musulmane che puntano verso l’Europa.

Dopo il tentativo fallito di modificare la costituzione per sottrarre l’Ungheria all’obbligo di ospitare migranti (nel 2016), ecco che il governo ungherese torna alla carica con provvedimenti atti a contrastare il sistema delle quote di accoglienza sostenute dall’Unione europea. I settori progressisti della società civile e le opposizioni liberali e di centro-sinistra, tra l’altro sempre meno incisive, criticano da tempo la politica governativa in ambito migranti ma l’esecutivo va avanti per la sua strada. Lo fa con le sue teorie dell’invasione e della necessità di difendere il paese dai diktat di una Ue che considera sempre meno adeguata a risolvere i grandi problemi attuali. «Non vogliamo diventare un paese di immigrati, per noi la sicurezza viene prima di tutto il resto», aveva dichiarato a maggio Csaba Dömötör, sottosegretario al gabinetto del primo ministro, illustrando il contenuto del progetto di legge denominato Stop Soros. Un pacchetto di misure destinato a criminalizzare e punire chiunque aiuti i migranti irregolari con un anno di carcere e a colpire le Ong attive in questo ambito. Le medesime, specie se riconducibili al magnate americano di origine ungherese, o se prendono soldi dall’estero, vengono definite dal governo agenti stranieri operanti nello Stato danubiano. Il loro scopo sarebbe quello di realizzare il piano attribuito a Soros, di riempire l’Ungheria e il resto d’Europa di migranti di altra cultura e religione capaci, con i loro numeri, di destabilizzare il Vecchio Continente e cancellarne l’identità culturale.

«L’Ungheria non diventerà un paese di immigranti», tuona il governo malgrado l’esperienza degli anni scorsi insegni chiaramente che i flussi migratori si limitavano ad attraversare il territorio magiaro per raggiungere paesi economicamente più solidi dell’Europa occidentale e settentrionale. «Per noi è inaccettabile che quello della migrazione sia considerato un diritto umano compreso nell’insieme delle libertà fondamentali», afferma Orbán in campagna continua, martellante, atta a diffondere tensione e paura nel paese. Una paura irrazionale che lo scorso 8 aprile ha premiato Orbán e gli ha assegnato il terzo mandato consecutivo.