L’ultima beffa sui fondi per l’editoria in aula arriva domenica 30 dicembre, poco prima dell’approvazione finale della manovra e di quell’articolo 14 che in tre anni azzera il sostegno al pluralismo per le testate nazionali. Il Pd presenta un ordine del giorno a prima firma di Michele Anzaldi che impegna il governo a ristabilire le risorse. Il sottosegretario leghista Garavaglia fa sapere che il suo parere è favorevole, a patto che l’odg si trasformi in una raccomandazione. Sarebbe importante tenere la questione aperta, vista la promessa del governo di un successivo tavolo per la riforma del settore. Ma poco dopo arriva in aula il vicepremier Di Maio e il parere si trasforma in un negativo. Analogo ordine del giorno era stato presentato da Gigi Casciello di Forza Italia, che sfoga la sua delusione: «Ci affidavamo alla sensibilità di alcuni deputati, al sottosegretario Giorgetti e al collega della Lega Morelli che ha incontrato più volte i piccoli editori italiani», «Duecento testate, cooperative di giornalisti, impiegati e poligrafici, liberi e puri, saranno destinate a morte certa. Con rammarico ho dovuto verificare che il Di Maio e i 5 Stelle hanno potuto contare sull’irresponsabile ripensamento della Lega per consumare la propria vendetta contro i giornali e i giornalisti».

A più riprese i deputati di tutte le opposizioni intervengono a favore dei piccoli editori e di Radio Radicale a cui viene dimezzata la convenzione per la trasmissione dei lavori parlamentari. «Si vuole chiudere la bocca allo strumento che da decenni informa in diretta i cittadini di quello che succede qua dentro» denuncia Emanuele Fiano (Pd). Anzaldi ricorda l’attentato a Istanbul del capodanno 2017 e le memorabili – e all’inizio solitarie – corrispondenze del cronista di Radio radicale Mariano Giustino: «Non sono i giornaloni che verranno tagliati (…) sono dei giornali vitali che arrivano dove altri non arrivano». Per Ivan Scalfarotto (Pd) «l’umiliazione del parlamento e della stampa non capitano casualmente insieme, è un disegno preciso per lo smantellamento nella nostra democrazia». Del gruppo di Leu intervengono Laura Boldrini («Radio Radicale, Avvenire e manifesto sono testate che fanno un lavoro profondo e tengono aperta una finestra sul mondo»), Stefano Fassina e Federico Fornaro («Un colpo al pluralismo mentre in ogni provvedimento spuntano risorse pubbliche per il blockchain e i temi digitali cari al M5s»). Di «taglio alle voci libere» parla Francesco Lollobrigida (Fratelli d’Italia), di «taglio alle voci della democrazia» Giorgio Mulé di Forza italia. In aula e su twitter Filippo Sensi (Pd): «Non mi rassegno per niente ai tagli mirati all’editoria e al colpo di mano contro giornali, giornalisti e redazioni. Continueremo questa battaglia in ogni sede, in aula, sui media, alle carte bollate, ovunque».