Si gioca molto del futuro della democrazia brasiliana al processo d’appello contro Lula che si terrà oggi a Porto Alegre. Se l’ex presidente venisse condannato, il golpe parlamentare del 2016 contro Dilma Rousseff avrebbe la sua logica conclusione – l’annientamento politico del leader indiscusso del Partito dei lavoratori (Pt) – e per il Brasile si chiuderebbe definitivamente un ciclo politico che, tra limiti ed errori via via più evidenti, ha avuto comunque il merito di restituire la speranza a milioni di poveri e di emarginati.

È PER QUESTO che, con lo slogan «Elezione senza Lula è frode», migliaia di rappresentanti del Movimento dei Senza Terra, di Via Campesina e del Frente Brasil Popular sono accampati da lunedì a Porto Alegre, dove il Tribunale regionale federale della 4a Regione (Trf4) si pronuncerà oggi sulla condanna in primo grado di Lula a 9 anni e 6 mesi per corruzione passiva e riciclaggio di denaro.

 

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L’ingressoa Porto Alegre di alcuni rappresentanti del Movimento Sem Terra e di Via Campesina (Afp)

 

L’accusa a cui deve rispondere l’ex presidente riguarda, come è noto, il presunto occultamento della proprietà di un appartamento di lusso a Guarujà intestato all’impresa di costruzioni Oas, che Lula avrebbe acquistato a un prezzo vantaggioso in cambio del suo intervento a favore dell’assegnazione di appalti con la Petrobras.

Non esiste però nessuna prova, malgrado due anni di indagini e di intercettazioni, che sia lui il proprietario dell’appartamento, come neppure è stato individuato il vantaggio che da tale operazione avrebbe tratto l’impresa.

TUTTO SI BASA sostanzialmente sull’uso dell’inaffidabile delação premiada – la collaborazione con i magistrati in cambio di uno sconto di pena -, che i giudici ottengono spesso e volentieri esercitando pressioni indebite. Lo ha ammesso, spudoratamente, lo stesso pubblico ministero federale dell’operazione Lava Jato, Deltan Dallagnol, quando ha affermato, lasciando attoniti tutti i giuristi, di avere contro Lula «non prove, ma convinzioni».

CONVINZIONI che, con ogni probabilità, non verranno intaccate neppure dalla recente sentenza della giudice Luciana de Oliveira, la quale ha disposto il pignoramento dello stesso immobile a vantaggio dei creditori dell’Oas, con ciò eliminando ogni dubbio sul fatto che fosse l’impresa la proprietaria dell’appartamento.

UN PESSIMO SEGNALE viene, del resto, anche dalla rapidità senza precedenti con cui è stato fissato il processo d’appello (rimandando altri sette processi che si sarebbero dovuti tenere prima), giustificata in base a un’argomentazione meramente politica: quella dell’opportunità, in nome della «stabilità democratica», di definire il prima possibile «chi verrà candidato» alle elezioni di ottobre.

E a scoraggiare le speranze di una possibile assoluzione vi è poi la posizione stessa del presidente del Trf4, Carlos Eduardo Thompson Flores, il quale, nell’agosto del 2017, già definiva «storica e definitiva» la sentenza di condanna del giudice Sérgio Moro. Di «assenza vistosa di imparzialità dei magistrati» parla anche il giurista e filosofo del diritto Luigi Ferrajoli, il quale, denunciando «la confusione tra il ruolo giudicante e il ruolo istruttorio che è proprio dell’accusa», evidenzia come i giudici si siano «più volte pronunciati apertamente e pubblicamente fuori dalle sedi del processo contro il loro imputato, così manifestando contro di lui un’ostilità e un pregiudizio che in qualunque altro ordinamento ne avrebbero giustificato la ricusazione».

GLI AVVOCATI DIFENSORI Cristiano Zanin Martins e Valeska Martins non hanno esitato a denunciare le irregolarità del processo presso il Comitato per i diritti umani delle Nazioni unite, che si pronuncerà il prossimo marzo, sono centinaia i giuristi convinti che Lula sia vittima di lawfare, cioè dell’uso del processo legale per fini politici: nel suo caso, allo scopo di impedirne la candidatura alle presidenziali, che, stando ai sondaggi, lo vedrebbero come sicuro vincitore.

ANCHE NEL CASO assai probabile che la condanna venga confermata, il discorso non si chiuderebbe comunque in maniera definitiva. Lula, infatti, potrebbe ancora ricorrere a istanze superiori, come il Tribunale superiore elettorale e lo stesso Supremo tribunale federale, come pure registrare ugualmente la propria candidatura alla presidenza della Repubblica. Solo 5 giorni dopo l’iscrizione, a partire dal 15 agosto, i suoi avversari potrebbero sollecitarne l’impugnazione presso il Tse (un processo che potrebbe non concludersi prima dell’appuntamento elettorale), sulla base della legge Ficha Limpa, emanata dallo stesso governo Lula nel 2010, che proibisce a chi sia stato condannato in secondo grado di presentarsi alle elezioni.