Lula da Silva sarà il numero due del governo Rousseff. L’ex sindacalista, presidente del Brasile tra il 2003 e il 2011, ha accettato la proposta della sua compagna di partito e da ieri è capo di gabinetto, ovvero ministro della Presidenza: il secondo incarico politico più importante del paese. Prenderà il posto di Jaques Wagner, che va alla segreteria esecutiva per dirigere la strategia politica del governo. Altri rimpasti sono attesi perché Lula ha fatto sapere che vuole contare su una sua squadra. Per il Brasile, è la prima volta che un ex presidente assume un incarico di ministro nel governo di uno dei suoi successori. Nei giorni scorsi, si erano levate molte voci per chiedere all’ex sindacalista di far parte del governo, a cominciare da quella del teologo Leonardo Boff, che gli aveva indirizzato un’accorata lettera aperta.

Per le destre, si tratta di una manovra per sfuggire alla giustizia, che vorrebbe mandarlo in galera per lo scandalo Petrobras (il Lava Jato, la tangentopoli brasiliana). Ora, il procedimento che lo riguarda passerà infatti nelle mani della Corte suprema. Tuttavia, il Supremo Tribunale federale, la più alta istanza giuridica del paese, è l’organo incaricato di valutare qualunque tipo di processo che riguardi i politici e contro il suo parere non si può presentare appello: la situazione, dunque, potrebbe andare a svantaggio di Lula, non a suo favore. Di certo, però, i giudici della Corte Suprema, molti dei quali sono stati nominati da Lula e da Rousseff non sono animati dal sacro furore e dal presenzialismo che ha finora guidato il giudice Sergio Moro. Nonostante il coinvolgimento di politici di ogni colore, i grandi media contrari al governo hanno infatti sbattuto in prima pagina solo le magagne, vere e presunte, del Partito dei lavoratori.

Lula è stato addirittura portato in caserma e trattenuto per ore, e la Procura di San Paolo ne ha chiesto l’arresto preventivo per presunto riciclaggio di denaro sporco, occultamento di patrimonio e falsificazione di documenti. Insieme alla moglie Marisa Leticia, Lula avrebbe acquistato un appartamento di tre stanze in una esclusiva zona costiera, facendolo intestare a un’impresa amica. Secondo il giudice Moro, Lula avrebbe tratto vantaggio dalla corruzione della petrolifera di stato Petrobras per circa 8 milioni di dollari, sborsati da imprese costruttrici coinvolte nello scandalo e finite all’Istituto Lula, la fondazione dell’ex presidente, e a un organismo che gli organizza le conferenze. Lula ha negato con veemenza le accuse, ha denunciato le finalità politiche dell’inchiesta e le grandi manovre conservatrici per togliere di mezzo i progressisti e privatizzare le risorse del paese.

Dopo il ritorno delle destre in America latina, Rousseff in Brasile e Maduro in Venezuela sono i due principali nemici da battere e la via dell’impeachment caratterizza il percorso del «golpe istituzionale». Al grido di «Fuori Dilma», le destre sono infatti tornate in piazza in 400 città, questa volta con l’appoggio esplicito dei partiti che vorrebbero portare a processo la presidente. L’iter di impeachment è attualmente congelato nell’attesa che il Stf definisca la forma nella quale si eleggeranno i 65 membri della Commissione speciale della Camera che dovrà emettere un giudizio a favore o contro l’apertura del processo. La decisione era attesa nella serata di ieri, ma al momento per noi di andare in stampa non c’era ancora un parere. Nel caso di un giudizio favorevole all’impeachmet, occorrerà il voto della Camera che, se approva il procedimento, passa la decisione al Senato, il quale ha tempo 180 giorni per deliberare. In caso di processo, Rousseff verrebbe comunque sospesa dall’incarico. Allora, Lula sarebbe nella posizione giusta per sostituirla e poi per presentarsi – come ha già annunciato – alle prossime presidenziali.

Siccome il Pt non ha maggioranza in nessuna delle due camere, il futuro del giudizio e la votazione dipenderà da quel che decidono gli alleati. Il principale compito di Lula è ora soprattutto quello di soccorrere la coalizione e di rafforzarne il contenuto, tendendo la mano alla sinistra e ai movimenti: sfruttando la grande popolarità di cui ancora gode.