La crisi politica in Bielorussia sembra entrata in un tunnel. Anche domenica l’opposizione è scesa in piazza per la prima volta preferendo la mobilitazione quartiere per quartiere a una manifestazione centrale.

La mobilitazione è stata ancora una volta ampia ma non se ne vede lo sbocco politico. Manca evidentemente una direzione politica autorevole al movimento: tutti i dirigenti del Comitato di coordinamento sono in prigione o all’estero e sabato anche la premio nobel Svetlana Alexievic ha deciso per l’esilio.

In una intervista a Der Spiegel ha annunciato che resterà a vivere in Germania fino a quando al potere resterà Lukashenko: «27mila persone sono state arrestate dopo elezioni truccate ad agosto. Scienziati, professori, gente comune, lavoratori, studenti. Il dittatore sta distruggendo il paese. Questa è una guerra civile ibrida. I sostenitori di Lukashenko si oppongono con la violenza all’altra metà della società. È sostenuto dai resti del sistema sovietico e usa i metodi dei servizi speciali dei tempi di Stalin», ha denunciato la scrittrice.

Parole forti, ma non esagerate se, come ha riconosciuto lo stesso ministero degli interni bielorusso, domenica sono stati sparati dei colpi di arma da fuoco e lanciate alcune granate contro la folla «perché mostrava degli atteggiamenti aggressivi».

Ormai nessun dialogo tra un potere sempre più asserragliato nei palazzi e protetto dai reparti speciali della polizia e un’opposizione che definisce ormai il regime «nazista» sembra possibile.

La scorsa settimana un giovane di 31 anni, Roman Bondarenko, è morto dopo due giorni di coma in seguito alle percosse dalla polizia e la notizia della sua tragica fine ha scosso il paese fin dalle fondamenta.

La comunità internazionale sta stringendo d’assedio il governo di Minsk che fino a quando troverà sponda a Mosca non sembra un granché preoccuparsene. Due settimane fa, l’Unione europea dopo non aver riconosciuto la validità delle elezioni nel paese slavo, aveva promosso delle sanzioni dirette contro il capo dello Stato bielorusso, una decisione senza precedenti, che isola anche diplomaticamente il paese.

Ieri la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) e la Banca europea per gli investimenti (Bei), a loro volta, hanno sospeso la cooperazione con la repubblica. E anche la Federazione mondiale di hockey sembra aver preso la strada di togliere il patrocinio dei mondiali della disciplina del 2021 che saranno non più giocati a Minsk ma a Mosca.

Vladimir Makei, il ministro degli esteri bielorusso, ha annunciato da parte sua che la Bielorussia sta preparando sanzioni speculari contro i rappresentanti della leadership dell’Unione europea e di un certo numero di paesi Ue.

Il diplomatico ha anche affermato che la Bielorussia sospenderà il dialogo con l’Europa sulle questioni relative ai diritti umani: in un paese dove ci sono migliaia di prigionieri politici e dove da quest’estate sono stati uccisi sei manifestanti, non ci sarebbe «alcuna violazione dei diritti dei cittadini».

Economicamente Minsk intende intraprendere una strada semi-autarchica. «Il 50% dei nostri scambi commerciali era con l’Europa – ha sostenuto il ministro – ma se qualcuno pensa di strangolarci rafforzeremo inevitabilmente le nostre relazioni economiche con la Russia».

Makei ha aggiunto di essere favorevole a dei mutamenti politici nel paese «ma non attraverso la pressione delle piazze e il ricatto”. E si è dichiarato per principio contro qualsivoglia rivoluzione: «Caos e anarchia distruggeranno sia lo Stato che la società, la rivoluzione è sempre morte, sangue e lacrime».