“Non sarò presidente con la nuova costituzione. Tranquillizzatevi…” ha dichiarato ieri l’altro Alexander Lukashenko a margine di una riunione governativa. L’affermazione è stata ripresa dalle agenzie internazionali e una parte dei commentatori ha voluto vederci la promessa di un’uscita di scena di scena soft del dittatore che gli permetta di salvare effetti personali e magari di ritagliarsi un ruolo futuro nei rapporti con il “grande fratello” russo.

In realtà la citazione era stata posta fuori dal contesto e il suo senso era, se non opposto, assai diverso. “Grazie a Dio che abbiamo un potere verticale. E probabilmente avete notato che l’attacco principale dei nostri manifestanti va contro il presidente e il potere verticale. Avanti, democrazia, tutti devono essere eletti. Quello che abbiamo avuto durante Gorbaciov. Siamo stati tutti eletti e abbiamo perso il paese, l’Urss è crollata. Vogliono buttarci dentro questa spazzatura adesso” ha detto nella stessa riunione il presidente bielorusso non dissimulando il disprezzo verso la democrazia che gli è proprio e mettendo in chiaro dentro quali confini dovrà iscriversi la nuova carta costituzionale.

Nel paese nessuno ha dato importanza alla sua nuova boutade: il leader bielorusso ha già dichiarato più volte di volersi fare da parte ma solo alle sue condizioni.

E non certo in tempi brevi visto che per varare la nuova carta ci sarebbe bisogno di un iter di un paio di anni. La sensazione è invece che si tratti non di un’apertura magari dettata da Mosca, ma di una cortina fumogena per favorire il ritorno a casa di un movimento democratico in evidente difficoltà.
In realtà la situazione economica del paese resta complicata e dopo la gelata invernale non è da escludere che le proteste torneranno a farsi vigorose. Pesa su

Lukashenko ora più di tutto l’isolamento internazionale. Ieri il Comitato olimpico (CIO) ha avviato un procedimento contro il comitato olimpico bielorusso per le percosse e gli arresti di sportivi durante le recenti manifestazioni e rischia di saltare la stessa partecipazione del paese ex-sovietico alle olimpiadi della prossima estate a Tokyo. Il presidente del CIO, Thomas Bach, ha promesso il pugno di ferro. “In caso di mancato rispetto dei principi della Carta olimpica verranno applicate sanzioni che potrebbero andare dalla privazione della bandiera fino esclusione completa dai Giochi” ha dichiarato.

Giovedì era sbarcato a Minsk Sergey Lavrov – il capo della diplomazia russa – per fare il punto della situazione. L’obiettivo russo sembra essere quello, a medio termine, di un cambio della guardia che non pregiudichi la storica alleanza tra i due paesi. Il timore di Mosca è che si possa creare in Europa un effetto domino che porti a perdere in rapida successione non solo la Moldavia (data ormai per persa dopo le recenti presidenziali) ma anche l’Armenia e infine la Bielorussia e per questo Lavrov ha concentrato i suoi strali principalmente contro i paesi della Nato. “Vediamo un atteggiamento ostile sia nei confronti della Russia che della Bielorussia, dei tentativi di influenzare i processi interni nei nostri paesi, e i leader occidentali non lo nascondono neppure particolarmente!” ha denunciato il ministro. Fino al punto di chiedersi retoricamente: “Vale ancora la pena trattare con Bruxelles?” Tornando all’aeroporto ha però dovuto registrare per ora, solo la composta protesta dei bielorussi nei confronti dell’atteggiamento della Federazione: “Lavrov, sostenendo Lukashenko, respingi la maggioranza”, “Putin! Con chi stai?” c’era scritto in alcuni cartelli lasciati sull’autostrada.