Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha evitato di fare una campagna elettorale tra la gente in previsione delle elezioni di domenica prossima. L’unico “comizio” se lo è concesso ieri in parlamento e diretta tv.

Un discorso rivolto più al quadro internazionale che alla situazione interna, convinto com’è – non a torto – che il suo personale destino si decida non nelle urne ma nelle complesse relazioni tra le grandi potenze, dedicando solo qualche battuta all’opposizione.

HA PARLATO DI UN MONDO in subbuglio caratterizzato ormai dalle proteste di piazza dagli Usa ad Hong Kong, una situazione «stile Maidan» che «qualcuno» vorrebbe trasferire anche nel suo paese. Venendo all’Europa dell’est il leader bielorusso ha sostenuto che «nello spazio post-sovietico, per decenni, non siamo stati in grado di risolvere molti vecchi conflitti. Transnistria, Ucraina, il groviglio caucasico di contraddizioni, il conflitto armeno-azero. La Bielorussia si trova su questa spaccatura geopolitica».

Il presidente slavo è convinto che Putin lo voglia abbandonare per giocarsi fino in fondo la partita del «dopo Lukashenko» con la Polonia e la Lituania: «La Russia ha paura di perderci perché, a parte noi, non ha alleati molto stretti e l’Occidente ha recentemente iniziato a mostrare un interesse sempre più sostanziale nei nostri confronti. Ma tutti conoscono la nostra risposta: la Bielorussia non è amica di qualcuno contro qualcun altro».

Parlando dei russi detenuti in Bielorussia, tutti al servizio della compagnia di ventura detta «Wagner», Lukashenko ha ripetuto di nuovo la versione ufficiale secondo cui i foreign fighters erano giunti nei pressi di Minsk con il compito di destabilizzare la situazione durante le votazioni.

Ha quindi rivelato con il suo solito stile colorito: «Oggi abbiamo ricevuto informazioni su un altro distaccamento di mercenari che è stato schierato a sud. Dovremmo correre a pescarli nei boschi ma li prenderemo tutti».

Se questo nuovo gruppo di «destabilizzatori di professione» di cui il Kgb bielorusso sarebbe sulle tracce sia composto da russi non lo ha detto, ma qualcuno in parlamento ha sussurrato perfino che sarebbero «uomini legati alla Cina».

A proposito dei 33 contractors in arresto, è circolata la voce che uno di loro avrebbe dichiarato in interrogatorio di avere per contratto come destinazione finale un paese dell’America latina, ma la pista più probabile resta quella libica.

SECONDO NEWS.RU, in un rapporto non pubblicato di osservatori indipendenti presentato al Comitato sulle sanzioni della Libia al Consiglio di sicurezza Onu, nel paese africano ci sarebbero dagli 800 ai 1200 contractors «wagneriani».

Nelle 57 pagine del documento si fanno i nomi di alcuni degli arrestati di Minsk e si sostiene che i mercenari – tutti combattenti al fianco di Khalifa Haftar – sarebbero in Libia per svolgere compiti militari speciali: sarebbero specializzati in operazioni di cecchinaggio.