Il giro dell’Italia lo fa davvero, questo centesimo Giro d’Italia, partito oggi da Alghero sotto un bel sole, e precipitato su Olbia dopo 200 chilometri e spiccioli passati a ricalcare il profilo settentrionale della Sardegna. Si rimane qui tre giorni, per spostarsi in Sicilia e poi arrancare su su per lo stivale da Reggio a Milano. Saggia scelta, in controtendenza rispetto alle edizioni in cui l’esigenza di racimolare quattrini aveva spinto gli organizzatori a inventarsi partenze all’estero più o meno ben riuscite, dalla deserta Danimarca al Belgio minerario, ricco di memoria popolare e ciclistica nostrana. La memoria la prende di petto questo Giro, quella dei suoi eroi e quella del Paese. Bartali, Coppi e Pantani li si passa a trovare a casa. E a casa sua ci aspetta anche Gimondi.
Non tira, per la verità, aria di festa. Si parte senza Michele Scarponi, vittima di un incidente maledetto e sepolto coi panni del ciclista «perché così tornava a casa dal lavoro». Quel mezzo sorriso ironico lo portava sempre stampato sulla faccia, anche quando durava una fatica bestia. L’unica volta che lo ha dismesso è stato per ritirare una maglia rosa a posteriori, per via del filetto troppo speziato di Alberto Contador. Quella non era la sua festa. L’avrebbe meritata sulla strada. Quest’anno gli avevano riconsegnato i gradi di capitano, per la caduta di Fabio Aru che ha tolto a noi un protagonista sicuro e alla sua Sardegna la possibilità di abbracciarlo in corsa.

Non lo vedremo arrampicarsi sull’altipiano, nelle tappe decisive, come cento anni fa un altro grande sardo, Emilio Lussu, che lassù andò volontario per poi scendere socialista e rimanerlo tutta la vita.

Siccome si parla di assenze, c’è da prendere atto di quella di Ruffoni e Pirazzi, beccati all’antidoping. Rischia tutta la Bardiani, una delle due sole squadre italiane presenti. Manca anche Elia Viviani, campione olimpico che oggi probabilmente avrebbe vinto. La Sky gli ha preferito un gregario più affidabile per i due capitani, Landa e Thomas. Gli inglesi conoscono solo la tattica della fionda: tirare il gruppo come un elastico per tutta la tappa, e poi scagliare il leader come un sasso su per l’ultima salita. Funziona al Tour, il giro ha un andamento e un percorso troppo anarchici, per ora sono sempre stati respinti con perdite.

Ad Olbia la prima maglia rosa del centesimo giro d’Italia la prende un po’ a sorpresa il ciclista austriaco Lukas Pöstlberger, beffati così tutti i velocisti, che quest’oggi la difende a Tortolì.