L’uomo nuovo del chavismo è lui, Luis Salas, nominato da Nicolas Maduro Vicepresidente per l’Area economica. Un economista di 39 anni (intervistato dal manifesto l’8 giugno del 2015) che promette di prendere di petto i problemi dell’economia venezuelana. Obiettivo strategico del nuovo gabinetto presentato in questi giorni è quello di consolidare un’economia produttiva, democratica e non speculativa: senza ricorrere a tagli e aggiustamenti – proposti anche da alcuni governi progressisti latinoamericani, come per esempio il Brasile – che colpirebbero i settori popolari.

Il prezzo del barile continuerà a scendere e quest’anno tutti paesi dipendenti dal petrolio affronteranno un contesto difficile. Particolarmente complicato il quadro del Venezuela, paese petrolifero che, nonostante i passi avanti e le buone intenzioni, non è ancora riuscito a emanciparsi dalle importazioni: sicuramente per via del grande aumento dei consumi, dovuto a quello del benessere di settori che prima non avevano di che nutrirsi. Un miglioramento che ha finito per «annullare» i progressi compiuti in termini di sviluppo agricolo locale, soprattutto basato sulla piccola produzione. Di certo, però, anche provocato dalle storiche storture che hanno reso dipendente il paese dalle importazioni per favorire i profitti delle grandi imprese private: più interessate alla speculazione finanziaria e al contrabbando che allo sviluppo dell’industria locale. Perversioni aumentate anche dagli errori, dalle inefficienze e dalla corruzione che, unitamente al sabotaggio e alla guerra economica scatenata dai poteri forti, hanno preso per stanchezza il voto di quei 2 milioni che avrebbero dovuto votare per la sinistra e che invece si sono astenuti.

Salas ha studiato a fondo i costi pagati dall’America latina durante gli anni ’90, quando i governi hanno subito i piani di aggiustamento strutturale imposti dall’Fmi: in termini di posti di lavoro e salari, perdita di diritti e di speranza. In Venezuela, il chavismo ha tenuta viva la memoria della repressione durante la IV Repubblica, quando l’allora governo di centro-sinistra di Carlos Andrés Pérez dette ordine di sparare sulla folla e i cadaveri vennero sepolti nelle fosse comuni. Nei suoi scritti, Salas inquadra i problemi economici nella crisi strutturale che investe il capitalismo e i suoi progetti vanno in senso inverso a quelli che sta mettendo in atto l’imprenditore Macri in Argentina e che promettono di attuare le destre in Venezuela: «Tutti i dati dimostrano che le politiche neoliberiste più che dare soluzione alla crisi non fanno che approfondirla – ha scritto -, e non fanno che accrescere la disuguaglianza».

Al contrario, le politiche promosse dal chavismo hanno portato all’inclusione e al benessere di chi prima non aveva niente e che, come gli indigeni, veniva considerato una non-persona. Quindi, più tasse a chi può permettersi di pagarle (Maduro ha aumentato da 30 a 40 quelle per le imprese), diritti e protezione sociale ai settori meno favoriti. Per questo, dopo il 6 dicembre e la vittoria delle destre, in una corsa contro il tempo il parlamento in scadenza ha ratificato alcuni decreti esecutivi decisi dal presidente «per proteggere il popolo»: dall’inamovibilità dei lavoratori, all’impossilità per la nuova Assemblea di mettere le mani sulle imprese statali, al controllo diretto sulle nomine della Banca centrale del Venezuela. Ma le destre vogliono procedere comunque, sostenute dai loro padrini internazionali ai quali chiedono di intervenire, anche militarmente, in Venezuela.