Quattordici anni di Evo Morales in Bolivia, cominciati con la prima elezione a presidente nel 2006 fino alla crisi politica del 2019, sono stati tanti e sono stati pieni di contenuti.

Uno dei suoi più fidati collaboratori certamente è stato (ed è ancora) Luis Arce, ministro dell’Economia per quasi tutti gli anni di governo di Morales (è stato assente solo tra il giugno 2017 e il gennaio 2019 per motivi di salute). Spesso si è attribuito al suo modello economico, esposto in diverse prestigiose università, i successi della Bolivia degli ultimi anni; cosa che ovviamente gli avversari non riconoscono.

ORA CHE LA STELLA di Evo Morales si è un po’ appannata, è a lui che il Mas ha affidato la candidatura presidenziale. E stando agli exit poll, ce l’ha fatta al primo turno e guiderà il Paese fino al 2025.

I dati delle Commissione economica per l’America Latina, un’agenzia dell’Onu, parlano chiaro. I governi Morales consegnavano nel 2018 un Paese in crescita, mai fermatasi nemmeno negli anni della crisi finanziaria mondiale prima e in quelli del calo del prezzo delle materie prime poi; un Pil pro capite superiore del 50% a quello del 2005; diseguaglianze in forte calo (l’indice Gini del 2018 era inferiore di un terzo circa a quello del 2005); povertà, compresa quella estrema, calata di più della metà dal 2005 al 2018.

[do action=”citazione”]Che cosa c’è alla base di questi sviluppi tanto positivi? Vediamolo dal punto di vista di Arce.[/do]

 

Il modello economico del Mas, il partito di Evo Morales e Luis Arce, è formato da tre assi, ciascuno dei quali serve il Paese in modo diverso. Il primo, quello delle imprese pubbliche generatrici di surplus, serve per distribuirne i proventi attraverso buoni per l’assistenza alla maternità, scolastici e di sostegno alle pensioni. Tutti ambiti in cui si sono raggiunti buoni risultati, se pensiamo che sono diminuite mortalità infantile, abbandono scolastico e povertà negli anziani. In questo asse la fa da padrona la Ypfb, la società pubblica di estrazione e distribuzione di gas, che vanta ottimi contratti di vendita di questa materia prima a Brasile e Argentina.

Il secondo asse è quello delle imprese pubbliche generatrici di surplus e occupazione per il settore privato. L’idea di base è che questo ambito sostenga le piccole e medie imprese attraverso la produzione di beni a loro necessari (es. cibo, tecnologia e altro materiale semilavorato); nel concreto ci sono stati alcuni successi (ad esempio l’agenzia spaziale creata dal governo Morales ha sicuramente migliorato le telecomunicazioni nel Paese) e gravi perdite (Papelbol, l’impresa produttrice di carta, è fallita tra le polemiche).

L’ULTIMO ASSE è quello infrastrutturale. Anche qui troviamo progetti di successo, come la compagnia aerea di linea Boliviana de Aviación (creata dal governo e che ha sostituito la fallimentare linea, Lloyd Aereo Boliviano, un tempo pubblica ma poi privatizzata negli anni ‘90), e altri che non lo sono altrettanto, come la Enabol, che avrebbe dovuto produrre navi (in previsione di una riconquista di territorio marittimo dal Cile non avvenuta) e fallita per cattiva amministrazione.

Nel complesso siamo dunque di fronte a un modello che sembra aver raggiunto alcuni risultati ottimi come anche qualche insuccesso, purtroppo macchiato da vicende giudiziarie.

UN’ARCHITETTURA che però secondo alcuni ha ben contribuito all’economia boliviana non grazie alle capacità di progettazione di Arce, bensì per via del prezzo favorevole delle materie prime tra il 2008 e il 2014. Circostanza vera, ma chi muove queste critiche dovrebbe spiegare perché la Bolivia ha continuato ad avere prestazioni economiche e sociali ottime anche dopo il 2014, quando i prezzi hanno cominciato a scendere. Altri ancora hanno criticato la scarsa spesa boliviana in salute, che però negli anni di Morales è aumentata di quattro volte rispetto al 2005.

Arce aggiunge oggi a tutto questo due proposte fondamentali: lo sviluppo del biodiesel e il proseguimento del piano pubblico di industrializzazione del litio, secondo alcuni alla base del golpe dell’anno scorso, che aveva l’obiettivo di smantellarlo.