«Ieri pioveva, oggi c’è il sole», commentava in mattinata un Giancarlo Giorgetti evidentemente deciso a pensare positivo a ogni costo.

Non alludeva al meteo ballerino, ma all’altrettanto mutevole barometro politico della maggioranza. Però il sole a Roma c’era davvero. Nella maggioranza invece si registrava il solito clima da tempesta imminente, sempre sul punto di esplodere senza mai arrivarci davvero.

All’offensiva è un M5S che cerca di risollevarsi dalla mazzata da ko del Sì Tav. Le vie individuate da Gigi Di Maio: alzare i toni sino a rendere assurda qualsiasi fantasia di andare avanti con questo governo, rendere più fragorosa possibile la messa in scena vuota di significato del voto sulla Tav, bloccare su tutti i fronti la Lega, al punto da autorizzare il sospetto che il famigerato gioco del cerino, la gara consistente nel reciproco tentativo di far saltare i nervi al socio per attribuirgli la responsabilità del disastro, sia già un bel pezzo avanti.

Sono lontani i giorni in cui Salvini e Di Maio si coprivano a vicenda di complimenti. Ora, con i militanti, Di Maio usa toni opposti: «Dobbiamo subire l’atteggiamento della Lega che è insopportabile, ma dopo le elezioni non potevamo fare altro. Ogni volta che bisogna approvare un provvedimento ci dobbiamo sedere a un tavolo, io, Conte e quell’altro là».

[do action=”quote” autore=”Luigi Di Maio”]Subiamo l’insopportabile atteggiamento della Lega. E ogni volta che si deve approvare una cosa ci dobbiamo sedere a un tavolo io, Conte e quell’altro là[/do]

Va da sé che «quell’altro» è l’ex amicone che replica con gli intimi senza alzare i toni: «Posso essere antipatico, ma un nome ce l’ho». Fosse solo una questione di sfoghi a porte chiuse e sia pure in pubblico il problema sarebbe relativo. Ma i 5S sono decisi a prendersi la rivincita sullo smacco Tav bloccando i principali provvedimenti targati Lega: la Flat Tax e l’autonomia differenziata.

[do action=”quote” autore=”Matteo Salvini”]Posso pure essere antipatico, ma io un nome ce l’ho[/do]

La riforma fiscale, in realtà, non è tema all’ordine del giorno. Se ne parlerà sul serio, e lo scontro si farà acerrimo, in settembre, ammesso che il governo ci arrivi. Ma le autonomie sono in ballo adesso.

Di Maio, ora, si mette apertamente di traverso: «Un’autonomia che indebolisce l’Italia? Anche no». L’autonomia, certo, «si deve fare», però senza danneggiare altre regioni. E siccome con il testo della ministra Stefàni il danno ci sarebbe, corre l’obbligo di riscriverlo, stavolta con un Osservatorio che garantisca il sud e il centro. La Lega è furibonda. «Anche oggi nuovi no», sibila un comunicato del Carroccio. Ma siamo alle solite. Salvini di togliere la spina ancora non se la sente.

La ferita che più sanguina, per ora, resta la Tav. Quasi certamente la mozione dei 5S andrà in discussione al Senato il 7 agosto. Operativamente non serve a niente. Se anche passasse, e si tratta di un periodo ipotetico dell’irrealtà, non cambierebbe nulla. Il solo modo per bloccare i lavori sarebbe la richiesta rivolta dal governo al Parlamento di denunciare l’accordo con la Francia.

Ma dell’operatività a Di Maio oggi importa pochissimo. Bisogna poter dire di aver fatto il possibile per fermare il treno della discordia, nella speranza, vana, che ai militanti delusi basti. Gli stessi ufficiali dei 5S non sono tutti convinti che sia la strada migliore, c’è chi preferirebbe rinunciare alla messa in scena ma alla fine l’inutile tentativo sarà fatto.

LeU presenterà probabilmente una propria mozione, «dopo quella che avevamo presentato in marzo bocciata anche dai 5S», ricorda la capogruppo Loredana De Petris. È probabile un tentativo di sostegno incrociato tra le due mozioni No Tav.

La Lega probabilmente non si accontenterà di veder bocciata la mozione dei soci. Sono in corso trattative per una mozione unica del centrodestra, Lega-FdI-Fi. Sulla carta non avrebbe la maggioranza neanche quella, se il Pd votasse contro. Lo stesso Pd non ha ancora deciso cosa fare ma finirà per presentare una sua mozione.

A quel punto, salvo voto incrociato tra destra e Pd o salvo decisione comune di limitarsi a bocciare il testo No Tav, finirebbe con tutte le mozioni sconfitte. Giusto per rendere più palese il caos.

Ma quel che succederà di certo è che la maggioranza, su un tema dirimente (anche se Toninelli ora invita a non dargli troppa importanza) si spaccherà in aula. Per una maggioranza normale sarebbe il de profundis. I gialloverdi invece fingeranno di provare a proseguire lo stesso.