La Commissione europea e il Consiglio Europeo hanno messo in campo 750 miliardi per rilanciare l’economia colpita dalla crisi del Covid-19. All’Italia arriveranno 209 miliardi: più di un quarto del piano Next Generation Eu. Siamo, dunque, il primo stato beneficiario per quantità di fondi erogati dall’Unione.

Il nostro Paese, per questo, ha davanti a sé un’occasione storica, che va colta: queste risorse non vanno disperse in mille rivoli alla ricerca di un immediato consenso, ma vanno impiegate per promuovere un cambiamento strutturale verso uno sviluppo sostenibile e per rimuovere le disuguaglianze sociali, territoriali e di genere.

Proprio la disuguaglianza di genere ha assunto in Italia, negli anni, una dimensione patologica, come certificano anche i dati del secondo trimestre del 2020 sull’occupazione femminile: le donne occupate sono il 48% contro il 60% della Francia o il 70% del Regno Unito. Particolarmente critica la situazione nel Sud: 32% di occupazione, con una punta negativa del 29% in Sicilia.

Su questa situazione di ritardo si è abbattuto il Covid. Le donne hanno pagato maggiormente la crisi pandemica in termini occupazionali, di qualità della vita, di carico di lavoro. Nel periodo buio del lockdown ma anche nella complessa fase della ripartenza, intesa come convivenza con il virus di queste settimane.

Alla luce di questo quadro così importante, come Intergruppo della Camera per le Donne, che riunisce oltre 70 deputate di diversi gruppi politici, abbiamo messo nero su bianco una serie di proposte in un documento.

L’obiettivo è chiaro: i progetti – che saranno presentati dal Governo, usando appunto le risorse europee – vadano in direzione della costruzione dell’uguaglianza di genere, cioè promuovano l’occupazione femminile e migliorino la qualità della vita delle donne.

Questo documento è stato inviato a tutti capigruppo della Camera affinché negli atti parlamentari inerenti il Recovery Fund l’uguaglianza di genere emerga come una priorità.

Il testo racchiude sedici proposte presentate perché il Recovery sia appunto a misura di donna.

Tra queste ne voglio ricordare alcune:

  • garantire una presenza paritaria di competenze femminili negli organismi di controllo e gestione dei fondi comunitari, qualora si dovessero costituire;
  • promuovere l’occupazione e l’imprenditoria femminile attraverso un piano nazionale, con istituzione di un fondo speciale per le imprese gestite da donne;
  • valutare l’impatto di genere per tutti i fondi spesi;
  • istituire l’obbligo di una distribuzione equa delle risorse per tutte le aziende che ricevono sovvenzioni dallo Stato, come condizione per l’erogazione dei fondi stessi;
  • ridurre il digital divide che ancora oggi penalizza le donne;
  • contrastare il gender gap nelle retribuzioni e nella carriera;
  • istituire l’obbligo di bilancio aziendale in ottica di genere, per tutte le imprese che ricevono finanziamento statale e come premessa per ottenerlo;
  • elevare il congedo di paternità, rendendolo obbligatorio, a tre mesi.

Si tratta di proposte concrete in linea con la campagna #HalfOfHit promossa dall’eurodeputata Alexandra Geese che, a Bruxelles, sta portando avanti, insieme a tante altre parlamentari, il nostro stesso impegno.

Deve essere infatti chiaro che ci stiamo giocando il presente e il futuro dell’Europa. E senza le donne, questo presente e questo futuro non si costruiscono. Anche e soprattutto in Italia.

Come ricordato da Linda Laura Sabbadini, se cresce l’uguaglianza di genere, cresce il Pil nazionale.

Ce lo dice anche Banca d’Italia: con il raggiungimento del 60 per cento di occupazione femminile, il Pil crescerebbe di 7 punti percentuali. E’ una questione democratica, certo, ma è anche una questione economica. Non perdiamo l’occasione!

* Deputata PD e coordinatrice Intergruppo della Camera per le Donne, i Diritti e le pari opportunità