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L’ufficiale Quotidiano del Popolo ribadisce: «Fu un errore, da non ripetere»

L’ufficiale Quotidiano del Popolo ribadisce: «Fu un errore, da non ripetere»

Ricorrenza Due editoriali degli organi di informazione del Partito comunista cinese confermano la lettura storica di quegli eventi

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 19 maggio 2016

Due editoriali degli organi ufficiali del Partito comunista hanno rotto un silenzio, che di per sé non significava dimenticanza da parte della leadership cinese della rivoluzione culturale. La posizione del partito comunista, quella ufficiale, è nota e non cambia: «La storia ha dimostrato che la rivoluzione rulturale era completamente sbagliata, sia nella teoria che nella pratica», era scritto in un articolo del Quotidiano del Popolo, intitolato «Imparare la lezioni dalla storia al fine di muoversi meglio in avanti».

Un secondo editoriale, è stato pubblicato sul quotidiano statale Global Times, nel quale si legge che «Il decennio di calamità ha causato gravi danni, lasciando dolore permanente per molti cinesi. Negare completamente i valori della rivoluzione culturale non è solo una comprensione in tutto il partito, ma anche un consenso stabile di tutta la società cinese». Il titolo era il seguente: «La società respinge con fermezza la rivoluzione culturale». Oggi, nel 2016, la posizione del Partito non è ovviamente cambiata, mentre i media internazionali hanno provato, nel corso dei mesi precedenti, a trovare analogie irreali tra la guida attuale di Xi Jinping, «il presidente di tutto» e quella di Mao.

«Con il cinquantesimo anniversario della rivoluzione culturale che si avvicina, aveva già scritto il Global Times alcune settimane fa, riflessioni sul periodo tumultuoso stanno guadagnando slancio mentre una minoranza della sinistra radicale sta tenendo eventi commemorativi sfidando la decisione ufficiale di, ormai, lunga data che definisce il movimento come ’10 anni di catastrofe’, un decennio che gli esperti ritengono non si ripeterà in Cina». Il 16 maggio 1966 una circolare venne approvata in una conferenza dell’Ufficio politico del Comitato centrale del Partito comunista cinese, in cui il leader del partito, Mao Zedong, «ritenne che il potere usurpato dai capitalisti poteva essere recuperato solo portando avanti una grande rivoluzione culturale. La notifica segna l’inizio di una campagna decennale che alcuni storici hanno sancito abbia gettato la Cina nel baratro del caos e dell’illegalità».

La stampa ufficiale si affida dunque al grande classico, sapendo di poter contare sulla generale diffidenza nei confronti del caos. «Nonostante il riconoscimento del governo, la rivoluzione culturale rimane controversa. L’argomento è addirittura diventato un nodo del dibattito attuale, su cui la sinistra e la destra si sono a lungo scontrati sul percorso politico della Cina».

Secondo il Global Times, infatti, «Gli esponenti della sinistra considerano la rivoluzione culturale come un movimento popolare contro la burocrazia e anelano per il suo ritorno. Altri mettono in discussione la leadership del partito chiamando a una cosiddetta riflessione radicale. Entrambi hanno deviato dalla definizione ufficiale della rivoluzione culturale e non dovrebbero essere incoraggiati», secondo l’opinione di Su Wei, professore presso la Party School of the Communist Party of China di Chongqing.

«Finché il paese sostiene la direzione del partito corretto e aderisce alla linea fondamentale del partito, la rivoluzione culturale non può essere ripristinata», ha detto Su, aggiungendo che rinnegare completamente la rivoluzione culturale, è un «principio irrinunciabile».

E tutti in Cina, fino ad oggi, sembrano essere concordi. Non a caso anche il Quotidiano del Popolo è intervenuto squarciando il silenzio ufficiale nei 50 anni dalla rivoluzione culturale e ribadendo il giudizio storico ufficiale: «Fu un errore, da non ripetersi».

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