Fuori, prima dall’Eurogruppo adesso dall’area Schengen. A Bruxelles quest’idea di spingere la Grecia fuori, oltre i bordi dell’Europa, per un motivo o per l’altro – adesso con l’accusa, non proprio esplicita ma chiara, di non essere in grado di governare l’afflusso dei migranti – è una sorta di chiodo fisso, suggerita sempre dall’asse franco-tedesco per imporre regole sotto dettato. Questa volta anche in barba ai trattati, in virtù di regole eccezionali antiterrorismo.

A Bruxelles si sono riuniti ieri e l’altro ieri i ministri degli Interni e della Giustizia per deliberare sulla proposta della presidenza di turno lussemburghese del Consiglio europeo di interrompere la libera circolazione delle persone, stabilita con il Trattato di Schengen come cardine dell’Ue, «in uno o più paesi» (senza specificare quali, almeno nella bozza del testo finale), ma con evidente riferimento alla Grecia nelle dichiarazioni rilasciate ad inizio vertice da alcuni dei ministri partecipanti al summit.

Il ministro tedesco Thomas De Maiziere entrando alla riunione è stato uno dei più espliciti: «Vogliamo mantenere Schengen, ma perché il sistema funzioni, con frontiere interne aperte, abbiamo bisogno di una protezione efficace delle frontiere esterne. E per farlo abbiamo poco tempo». La collega austriaca Johanna Mikl Leither, di rincalzo, ha espresso soddisfazione perché «la Grecia sta alla fine accettando la responsabilità di custodire la frontiere esterne e di accedere così agli aiuti europei per un effettivo controllo dei confini».

In discussione, un pacchetto di misure per dotare il Vecchio continente di frontiere smart, intelligenti, che oltre alla schedatura a tappeto dei passeggeri di voli aerei anche interni tramite metadati da conservare cinque anni, prevede una sorta di «mini-Schengen», con la riattivazione dei controlli ai terrestri statuali per le persone che provengono in particolare dalla Grecia, dove sarebbe sospesa la validità di Schengen per un periodo da sei mesi fino a due anni.

La proposta, è stata elaborata in un pre-vertice dei giorni scorsi, formulata a metà novembre sulla base delle preoccupazioni francesi seguite agli attentati di Parigi – la Francia voleva anche scansioni facciali e parametri biometrici schedati per tutti – e una consultazione tramite questionario inviato agli Stati membri sulle capacità di controllo delle frontiere esterne, in particolare sulla evidenza che la Grecia non sia riuscita a identificare centinaia di migliaia di migranti entrati nel suo territorio negli ultimi mesi.

In base alle relazioni dell’agenzia europea Frontex – alla quale verrà affidata una supervisione pressochè totale di tutta la politica migratoria europea, incluso, a quanto pare, un non meglio precisato allargamento dei suoi compiti, della sua mission – nel 2015 hanno attraversato le frontiere esterne 1 milione e 200 mila persone (886 mila via mare), con un aumento del 431% rispetto al 2014.

La stragrande maggioranza dei migranti e rifugiati hanno percorso la rotta dei Balcani occidentali, attraverso la Grecia. In autunno si sono registrate forti tensioni di confine e sospensioni di un mese di Schengen in Ungheria, Austria Germania, Slovenia. Mentre negli ultimi giorni si sono verificati tafferugli al confine Grecia-Macedonia tra migranti e rifugiati (curdi, iracheni, pakistani e bengalesi).

Del resto se la Grecia si piega nei nuovi documenti della Commissione non c’è spazio per migranti economici, e poco anche per rifugiati e richiedenti asilo. Si preme ad esempio per un accordo con il governo afghano: soldi in cambio di renditions.

La Raccomandazione elaborata ieri invoca l’articolo 26 di Schengen che introduce come «ultima risorsa» la possibilità di sospensione della libera mobilità dei cittadini europei, in uscita e in entrata, in presenza di gravi carenze, «serie e continue», di controllo dei confini comuni. Nello stesso tempo, si ricorda, non sono ammesse azioni unilaterali di chiusura delle frontiere nazionali «senza informare gli Stati vicini» e senza coordinamento. Per i dettagli, è fissato un vertice il 17 dicembre ad Atene.

Intanto circa 3mila migranti sono stati arrestati in Turchia mentre si apprestavano a affrontare le acque fredde e agitate del mar Egeo per raggiungere le coste greche. Sono 2.933 persone, soprattutto provenienti da Siria e Iraq, diretti a Lesbo dalla provincia di Canakkale Ayvacik, finiti nelle retate di lunedì scorso come biglietto di ringraziamento per lo stanziamento di 3,2 miliardi di euro al governo Erdogan per il suo nuovo ruolo di gendarme.

Ma non basta. Per sigillare la Fortezza Europa, serve ora un limbo: la Grecia. Dove ieri 1.700 migranti sono sbarcati al porto del Pireo per essere trasferiti nel principale hotspot vicino Atene dall’Egeo orientale.

Al direttore esecutivo di Frontex, il francese Fabrice Leggeri, è stato dato tempo cinque giorni per mettere in campo in Grecia una squadra Rabit (Rapid border intervention team) in grado di surrogare le autorità greche.