Stop alle violenze ma stop anche alle ingerenze esterne, dove per esterne si intende soprattutto un intervento militare da parte della Turchia in Libia. Non potendo più recarsi a Tripoli perché non gradita come avrebbe voluto, l’annunciata e poi smentita (da un portavoce della Commissione Ue) missione europea in Libia si riunisce a Bruxelles. «L’importante è che si sia fatta. Le iniziative da domani dell’Unione europea vedranno un cambio di passo» taglia corto il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio, protagonista ieri con i colleghi di Francia, Germania e Gran Bretagna e con il capo della diplomazia Ue Josep Borrell del minivertice sulle due principali crisi del momento, quella per l’appunto nel Paese nordafricano e quella che coinvolge Iran e Iraq dopo l’uccisione del generale Soleimani.

In attesa di vedere i nuovi passi, come promesso da Di Maio, l’Unione europea per il momento si limita a rispolverare vecchi e finora falliti propositi, come quello di riuscire a far dialogare tra di loro il premier libico Fayez al Serraj e l’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar che ieri ha dichiarato di voler marciare verso Misurata. Di fatto la stessa speranza alla base della conferenza di Palermo del novembre 2018, indetta dal governo gialloverde Conte 1 e fallita anche per l’assenza di molti protagonisti internazionali (da Trump a Putin, dalla Merkel a Macron). «Di sicuro dobbiamo parlare con tutti gli attori rilevanti nel processo libico», ha confermato Borrell. «Di certo dobbiamo parlare con Serraj e di certo dobbiamo parlare con Haftar. Spero che nei prossimi giorni riusciremo ad avere i contatti che non è stato possibile avere oggi in Libia».

La novità, rispetto a oltre un anno fa, è semmai che oggi il paese nordafricano rischia concretamente di essere spartito tra i vari contendenti esterni. Un rischio che i ministri degli esteri che ieri si sono visti a Bruxelles evidenziano nel documento finale del vertice: «La continua interferenza esterna sta alimentando la crisi», si legge. «Quanto più le parti in conflitto in Libia fanno affidamento sull’assistenza militare straniera, tanto più esse danno ad attori esterni un’indebita influenza sulle decisioni sovrane libiche, a scapito degli interessi nazionali del paese e della stabilità regionale». Un avvertimento valido per entrambe le parti, ma che Bruxelles indirizza soprattutto a Serraj quando sottolinea l’importanza di evitare «azioni unilaterali» come «la firma di accordi» simili a quello siglato a fine novembre da Serraj con la Turchia, che creano «interferenza esterne contrarie agli interessi del popolo libico, nonché agli interessi europei».

Alla fine l’unica vera novità uscita dal vertice riguarda il possibile ritorno in campo della missione europea Sophia, lasciata da un anno senza navi principalmente per responsabilità del passato governo gialloverde. La necessità di riprendere il controllo sull’embargo delle armi alla Libia potrebbe adesso spingere l’Ue a un ripensamento, magari anche in funzione deterrente nei confronti della Turchia. «Ridarle le caratteristiche operative è sempre stato sul tavolo e sicuramente ne parleremo», ha confermato Borrell. «Sfortunatamente la missione è ancora attiva ma non è operativa perché non ci sono le navi di nessuna marina europea nelle acque del Mediterraneo centrale, mentre ci sono le navi turche che pattugliano le coste libiche». Ripristinare la missione Sophia per l’Europa significherebbe anche ricominciare con i salvataggi dei migranti, e questo non potrebbe che essere positivo.

La Libia sarà al centro anche dell’iniziativa diplomatica avviata da Di Maio. Ieri sera il titolare della Farnesina ha incontrato a Istanbul il collega turco Mevlut Cavusoglu, mentre oggi sarà al Cairo dove vedrà gli omologhi di Egitto, Francia, Grecia e Cipro.